Crisi di governo vs. governo delle crisi

“Preso da una certa stanchezza per quello che accade nella Penisola,” Antonio Scalari guarda oltre Oceano. Non sarà il solo, immagino. Ieri c’era stata la conf. stampa degli esperti scelti dal Potus per realizzare il suo ordine esecutivo sul clima.

In sintesi, l’O.E. è un misto di New Deal rooseveltiano e di Green New Deal che coinvolge tutti i dipartimenti del governo e le rispettive agenzie federali. Prevede: aumento dei posti di lavoro (sindacalizzati: “well paid union jobs”) attraverso investimenti in energie pulite, disinquinamento, ammodernamento di infrastrutture fatiscenti, ripresa dei rapporti con gli alleati nei vari vertici e agenzie Onu, un Civilian Climate Corps di giovani da formare sul campo, (omissis) “giustizia ambientale” e perfino “health equity” (trad.: pari diritti alla salute?).
Il disordine è mio, non dell’O.E.
I Bostoniani
All’obiezione “ci sono altre priorità, e comunque costa troppo”, alla conf. stampa l’inviato speciale per il clima John Kerry ha risposto

  • We spent $265 billion, two years ago, on three — three storms: Irma, Harvey, and Maria.  Maria destroyed Puerto Rico. Harvey dropped more water on Houston in five days than goes over Niagara Falls in a year.

Ne dubito. Son piovuti “33 trilioni di galloni” sull’intero Texas…

  • And Irma had the first recorded winds at 185 miles an hour for 24 sustained hours. Last year we had one storm — $55 billion. So we’re spending the money, folks. We’re just not doing it smart, and we’re not doing it in a way that would actually sustain us for the long term. 

E’ il framing economico “bipartisan” usato da sindaci e governatori dalla California a New York City. Come Gina McCarthy, capo dell’Environmental Protection Agency sotto Obama e ora incaricata di coordinare l’attività per il clima dei vari dipartimenti, Kerry ha collegato giustizia ambientale, lavoro, sanità pubblica, qualità della vita e disinquinamento:

  • the greatest cause of children being hospitalized every summer in the United States — we spent $55 billion a year on it — is environmentally induced asthma.

Se non ricordo male, il repubblicano Mitt Romney aveva citato anche lui i bambini asmatici a sostegno della sua riforma sanitaria. All’epoca Kerry era senatore del Massachusetts.
Gina McCarthy è di Boston anche lei, da qui la battuta iniziale di Jen Paski, la portavoce della Casa Bianca secondo la quale

  • the stock market isn’t the only measure of the health of our economy.  It doesn’t reflect how working and middle-class families are doing.

Svenimenti a Wall Street, aumenta il prezzo dei sali d’ammonio…

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(Due brutte notizie arrivano mentre scrivo. E’ morto Paul Crutzen, il bravissimo, gentilissimo – anche nel mandare articoli scientifici all’oca “as long as you read them and ask me questions” – e preoccupatissimo da tempo per l’inazione politica sul clima, premio Nobel per la chimica nel 1995 con Mario Molina e Sherry Rowland per il “buco dell’ozono”. Insieme a Eugene Stoermer, nel 2000 aveva proposto di chiamare la nostra epoca l’Antropocene (pp.17-18).

E il mitico Ezio Degradi di radiopop…)

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Un caldo mai visto da 125 mila anni? (Spoiler: un paper non fa primavera…)
Politica e retorica a parte, sotto il post di ieri Steph segnala questo paper di Samantha Bova et al. su Nature e maresciallo stefanom dice che ne stanno discutendo in molti (oltre a ricordarmi gentilmente che il Forum economico mondiale di cui parlavo ha pubblicato il Rapporto 2021 sui rischi globali).
Com. stampa un po’ sopra le righe della Rutgers University. Recensione ammirata di Jennifer Herzberg.
Gli autori correggono al ribasso l’interpretazione dei dati vicari dell’Olocene per le temperature alla superficie del mare, tra 12 e 6,5 mila anni fa e tra i 40° Sud e Nord di latitudine, in particolare quelli del “massimo termico”. I dati vicari (proxy) forniti dalla composizione dei foraminiferi e dalla presenza di alchenoni prodotti dalle alghe nei sedimenti marini, rifletterebbero un andamento stagionale che loro trasformano matematicamente in annuale, eliminandone la distorsione (bias) dovuta alla sovrabbondanza di temperature boreali estive.
Ha senso, per buona parte dell’Olocene l’emisfero nord era più soleggiato.
Sono sbagliati alcuni modelli che simulano un massimo termico – a volte citati dai negaioli per dire che “il clima è sempre cambiato” e le nostre emissioni di gas serra non c’entrano. Invece il massimo non c’è stato e, forse, nemmeno nell’ultimo periodo interglaciale (LIG) fra 128 e 115 mila anni fa, stando alla serie di proxy usata dagli autori per convalidare il proprio modello.
Ne risulta che la maggior parte dei modelli simulano bene l’aumento delle temperature a partire da 12 mila anni fa, dovuto prima alla ritirata dei ghiacciai e poi per uno 0,25 +/-0,21 °C all’aumento della CO2 atmosferica a partire dalla diffusione dell’agricoltura e quindi della deforestazione (l’ipotesi di William Ruddiman).
Ne consegue che

  • the post-industrial increase in global mean annual surface temperatures rose from the warmest background state of the Holocene, making current temperatures the warmest observed over the past 12,000 years and probably reaching the warmth of the LIG.

Conclusione: bisogna ricontrollare le serie paleoclimatiche, vedere se sono biased anch’esse, semmai correggerle e raggrupparle in una singola ricostruzione.
Da oca non ho niente da ridire sul metodo di annualizzazione, probabilmente la parte più interessante per i climatologi perché molti dati terrestri – vicari o meno – sono stagionali. Basti pensare ai pollini.
In compenso ho un po’ di domande sugli assunti. Per esempio:
– alle latitudini centrali la differenza tra le temperature stagionali non era minore rispetto al resto del globo anche nell’Olocene?
– perché basarsi sulle temperature alla superficie del mare – e solo fra i Tropici per il LIG – eliminando i dati da carote di ghiaccio, anelli degli alberi, sedimenti lacustri o delle torbiere, stalattiti ecc.? Non si introduce così il bias opposto?
Su Twitter, ne discute il gotha della climatologia:

  • Zeke Hausfather, con interventi di Robert Way – quello della serie delle temperature Cowtan & Way che ha tappato i buchi al polo Nord della serie del MetOffice britannico;
  • Andrew Dessler con l’aiuto di
  • Michael Mann che si scusa con la prima autrice per non averla citata e ricorda un paper suo e di Gavin Schmidt di una decina di anni fa;
  • Katharine Hayhoe con dubbi Peter Gleick sull’ipotesi Ruddiman;
  • Gavin Schmidt spiega perché è cauto;
  • segue (forse)

6 commenti

  1. Bova et al.
    Ti segnalo, fra i tanti, questi due tweet:
    Gavin (in risposta a Hayhoe): “It’s the bit in parentheses that’s most in dispute…” <- ovvero "(and likely staved off the next glacial max)"
    Chris Colose: "I was going to say, the paper suggests that a fraction of ~0.25 C could be due to anthropogenic GHGs. It's not clear how to prevent glaciation with that amount!"
    https://twitter.com/ClimateOfGavin/status/1354536865332916226
    È un ennesimo caso in cui la fisica e i modelli climatici hanno previsto qualcosa e le osservazioni lo hanno poi confermato. Né i dati misurati né i modelli sono perfetti, ma le serie di dati richiedono ipotesi, correzioni, interpolazioni, ecc. Una discrepanza non è quindi più necessariamente un problema di simulazione modellistica.
    Ci farò un post anche io, ma vorrei integrarlo con altri paper recenti, soprattutto del gruppo @PAGES_IPO
    …segue…
    a volte citati dai negaioli per dire che “il clima è sempre cambiato”, le nostre emissioni di gas serra non c’entrano
    Un meme più e più volte sconfessato, ma che torna sempre puntuale come le zanzare estive. Un bigino: https://twitter.com/climafluttuante/status/1349494491946885120

  2. Domande:
    provo con la tua prima azzardando ipotesi (sulla seconda avevo letto qualcosa, ma non ricordo bene dove e cosa, dovrei ri-verificare):
    alle latitudini centrali la differenza tra le temperature stagionali non era minore rispetto al resto del globo anche nell’Olocene?
    Direi di sì, considerando poi quel che succedeva alle alte latitudini boreali in conseguenza della forzante orbitale.
    Tuttavia, la questione potrebbe anche essere assai più complessa. Per es. è ben noto da tempo che la variabilità interannuale (ai tropici principalmente dipendente dallo stato dell’ENSO) era più forte durante buona parte dell’Olocene. Questo potrebbe anche significare un aumento della differenza tra le temperature stagionali, considerando come l’impatto dell’ENSO sulle precipitazioni, ai tropici, influisca anche sulle temperature stagionali. E poi si parla di SST, ai tropici molto dipendenti proprio dallo stato dell’ENSO. Poi bisognerebbe considerare quanto differente era l’intensità dei monsoni, soprattutto di quello asiatico. L’intensità del monsone influisce pure sulle SST.

  3. …segue…
    L’ultimo per oggi, poi non ti annoio più. Come sospettavo, vorrei approfondire la questione della frequenza di eruzioni vulcaniche esplosive (VE). Qualcuno lo segnala nella disc. su twitter. Potenti VE sono in grado di abbassate le SST delle regioni intertropicali, ma anche di influenzarne la stagionalità. E da parecchi proxies emerge la tendenza al raffreddamento delle SST negli ultimi 2000 anni.

    1. Grazie, Steph – aspetto il tuo post.
      Mi è venuto in mente l’ENSO, ma secondo Mark Cane i dati decenti coprono solo gli ultimi 2 mila anni (a memoria). O meglio me l’aveva detto quando il Corriere aveva pubblicato il falso dibattito 4 anni fa, magari nel frattempo ne sono usciti altri (devo ancora guardare la bibliografia del paper…)
      Eruzioni vulcaniche: mi sembra una buona idea, la serie della LIG che usano come controllo è nella Cintura di Fuoco.
      Crutzen: un grande davvero et engagé come Rowland e Molina, ognuno a modo suo.

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