Evoluzione – Ogm: 1 a 0


Sui PNAS, esce l‘osservazione nell’Iowa di Diabrotica virgifera v. – piralide, credo agg. sbagliavo, h/t Marco Pasti – resistente a due delle tre tossine del Bacillus thuringiensis  incorporate in altrettante varietà di mais transgenico. Concludono Gassmann et al.:

Questi primi casi sottolineano la vulnerabilità del mais Bt a un’ulteriore evoluzione della resistenza in questo patogeno e, più in generale, indicano che gli insetti hanno il potenziale di svilupparla rapidamente quando le coltivazioni Bt non raggiungono un alto livello di tossina Bt.

La vulnerabilità sta nel fatto che la resistenza alla prima tossina favorisce la resistenza a quelle successive.

Genetisti indipendenti – da Steve Palumbi, quand’era ancora post-doc a Harvard, a Dick Lewontin già emeritus – l’avevano annunciata dalla metà degli anni ’90.  Calcolavano che nei batteri e le muffe ci volevano circa 4 anni e negli insetti 6.
In teoria.

Sul campo invece, scrivono Gassmann et al., la diabrotica diventa resistente a una nuova tossina in soli 3,6 anni. Le sue infestazioni si diffondono velocemente con effetti devastanti. Forse qualcuno ricorda nel giugno-luglio 2007 i campi marroni e secchi come fosse novembre in tutta l’Italia. Nonostante le irrorazioni con pesticidi pericolosi per uccelli e mammiferi, oltre ai pesci nei corsi d’acqua a valle, ovviamente.

Il B. thuringiensis è il pesticida meno dannoso che ci sia e il mais la pianta alimentare che copre la maggiore estensione di terre coltivate, il che rende l’articolo un po’ inquietante, ma piuttosto interessante questa dichiarazione:

  • Conflict of interest statement: A.J.G. has received research funding related to this project from Monsanto and has received funding not related to this project from AMVAC, Dow AgroSciences, DuPont-Pioneer, Monsanto, Syngenta, and Valent. A.J.G. has filed for a patent of the plant-based bioassay described in this article.

Nel 1998 Robert Shapiro, l’economista allora presidente di Monsanto, negava che l’evoluzione della resistenza fosse probabile e al contempo affermava che si sarebbero trovate alternative al B. thuringiensis. Da allora erano sempre stati  ricercatori indipendenti a scoprire resistenze, fa piacere che sia cambiata la situazione.

Gli autori sentiti da Brian Owens (1) sono unanimi:

anche con le colture biotech, gli agricoltori devono tuttora usare pratiche antiche come la rotazione per combattere gli insetti infestanti.

In USA dove anche le colture alternative sono Bt? Mi sa che gli ogm sono come i farmaci, da usare solo se indispensabili.

(1) Scrive che in Europa le tossine del B. thuringiensis sono efficaci al 99,99% contro la diabrotica europea piralide, un’altra specie. Ma ormai dilaga quella americana contro la quale è previsto l’uso di prodotti molto più dannosi. Per questo motivo, gli agricoltori erano contrari alla sospensione dei neo-nicotinoidi usati per conciare i semi di mais, anche se danneggiavano le api.

Ho visto che qualche confederazione dice che il mais Bt risolverebbe entrambi i problemi. Non sarà mica creazionista, spero…

7 commenti

  1. Buongiorno,
    vorrei precisare che la piralide e la diabrotica sono insettti totalmente diversi : la prima è un lepidottero e la seconda è un coleottero, la prima è polifaga cioè si ciba su molte specie vegetali diverse, la seconda si sviluppa solo su mais (e poco su alcune altre graminacee), la prima attacca tutta la pianta del mais e crea i maggiori danni sulla spiga dove favorisce lo sviluppo di muffe che producono sostanze tossiche per l’uomo, la seconda crea i maggiori danni all’apparato radicale favorendo l’allettamento delle piante, la prima non viene controllata dalla rotazione delle colture la seconda si. Il mais bt contro la piralide non controlla la diabrotica. Il mais bt contro la diabrotica non è mai stato in grado di eliminarla completamente ma solo di contenerne i danni e quindi il rischio di resistenze è maggiore rispetto al mais bt contro la piralide che controlla quasi tutti gli individui. Per il mais bt contro la piralide non è mai stata segnalato un caso di resistenza grazie anche alla buona adozione delle buone pratiche che prevedono di lasciare delle zone rifugio del 20-30% con mais convenzionale. L’unico mais bt autorizzato alla coltivazione in Europa è contro la piralide.

    1. Marco Pasti,
      grazie dell’aiuto, ero incerta perché in inglese sono entrambe corn borers – ho corretto!
      Ne approfitto, forse lei lo sa: è una mia impressione (abito in Lombardia) o in Italia la diabrotica è sempre più presente?

  2. A dire il vero il nome inglese di diabrotica è rootworm mentre quello della piralide è european corn borer. Si la diabrotica è in progressiva espansione in Italia ed in Europa: era arrivata durante la guerra dei balcani in serbia e da li si è via via espansa al resto d’Europa. Viaggia volentieri come clandestina su aerei e camion per cui si diffonde inizialmente lungo autostrade e aereoporti. Comunque da noi fa molti più danni la piralide della diabrotica sia quantitativi (circa il 10% del raccolto) che qualitativi in quanto favorisce lo sviluppo di fumonisine e aflatossine, due tipi di micotossine, sostanze tossiche prodotte da muffe.

  3. comunque a parte la confusione sul tipo di insetto la questione rimane; in pochi anni gli insetti diventiano resistenti e quindi gli OGM non sono una soluzione adeguata ; o ho capito male?

  4. Claudio,
    Altro che confusione.
    Gli OGM in generale, non saprei. La papaia delle Hawaii che resiste al virus maledetto mi sembra un successo. Ma se anche i ricercatori finanziati da Monsanto dicono il mais Bt anti-diabrotica non è la soluzione, mi fido!
    Quello che mi stupisce è un’evoluzione così rapida. E’ il primo caso che sento, e tu?

  5. Buon giorno, mi permetto di riportare qui un brano tratto da una mia prossima pubblicazione sui cosiddetti “OGM”.
    C’è un senso non banale in cui può essere empiricamente vero che in alcune aree con colture ingegnerizzate la resistenza delle erbacce e/o delle pesti è nata più rapidamente del previsto: ciò è dovuto all’efficacia di questi strumenti di lavoro che sono stati messi a disposizione degli agricoltori ed è anche collegato alla loro ampia e rapida adozione; in altre parole, le colture Bt si sono mostrate assai utili contro gli insetti, e nel frattempo anche la tolleranza agli erbicidi si è rivelata un tratto ben gradito. Ma, soprattutto nelle monocolture estensive (mais, soia, cotone, colza), molte aziende agricole hanno un po’ abbassato la guardia, ovvero non hanno messo in atto le raccomandazioni tese a ritardare l’inevitabile insorgenza delle resistenze. Paradossalmente, alcuni vegetali DNA-ricombinati sono così a volte vittime del loro stesso successo. Perciò gli esperti, che già avevano ammonito gli agricoltori a seguire le istruzioni date da loro e dalle case sementiere sul corretto uso di erbicidi e pesticidi utilizzati con queste colture, e che sono stati poco ascoltati, insistono ora ancor più sulla gestione integrata della lotta alle erbe invasive (Integrated Weed Management) e sulla parallela gestione integrata del contrasto alle pesti (Integrated Pest Management). Almeno negli USA, qualche errore è stato fatto nella lotta alle pesti: l’agenzia preposta alla normativa (EPA, Environmental Protection Agency) ha imposto rifugi solo al 5% o poco più delle aree piantate con colture Bt; molti agricoltori neanche li hanno implementati; gli entomologi avevano avvisato del rischio incombente, ma non era stato loro consentito di studiare bene le situazioni. Da tempo gli esperti gridavano “al lupo”, che stavolta è arrivato davvero, sotto le forme di un insetto che attacca le radici del mais (la terribile diabrotica) che è diventato multi-resistente. Si spera che questa lezione spinga gli agricoltori ad azioni di contrasto meglio integrate.
    Soprattutto se erbicidi e pesticidi (endogeni e non) vengono usati in modo inadeguato, la situazione è strettamente analoga a quanto si verifica nel campo medico, quando l’abuso e/o l’uso improprio degli antibiotici accelera l’emergere di ceppi batterici patogeni resistenti. Domandiamo agli “anti-OGM senza se e senza ma”: se esistessero degli antibiotici ingegnerizzati tramite DNA ricombinante (a cui però magari non vi opporreste duramente, visto che per misteriosi motivi non ve la prendete con le biotecnologie “rosse”, medico-farmaceutiche) e questi perdessero di efficacia quando necessariamente si propagassero dei patogeni a essi resistenti, strillereste allo scandalo della creazione di “super-batteri” da parte di medicinali transgenici?

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