Piove, ladro a chi?

Su Genova piovono anche bufale. Nella realtà, i temporali “gravi” erano stati previsti nel bollettino meteo di “mercoledì 8 ottobre ore 10.24” con tanto di cartello “pericolo” per la notte tra giovedì e venerdì. Sarò sfuggito al capo della Protezione Civile Franco Gabrielli, ma non ai media che ne sono stati informati dal lancio dell’ANSA.

Viste le alluvioni ed esondazioni “catastrofiche” ricorrenti in autunno, è strano che gli abitanti – anche di altre città – ignorino le conseguenze di un’allegra cementificazione e copertura di fiumi e torrenti, denunciate da mezzo secolo. E la maggior frequenza e intensità degli eventi estremi, previste dal primo rapporto dell’IPCC nel 1988 e da quelli successivi.

Successo della propaganda anti-scienza? Amnesia? Rassegnazione? Diniego della realtà? Ottimismo giulivo? Mossa dello struzzo? Fede nella divina Provvidenza?

Domande ricorrenti nel caso di altri rischi, rif. O’s Digest sotto. Se ne discute nei papers di sociologia e di psicologia, poco convincenti almeno quelli che ho letto fino adesso. Lo sono di più i provvedimenti del sindaco Bloomberg e di altri amministratori meno miopi (e corrotti ). A chi li elegge, ricordo che Climalteranti aveva sintetizzato in tre articoli gli interventi indispensabili per una “gestione del rischio” un tantino più tempestiva e ragionevole.

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O’s digest
Da Nature,
– primo editoriale “Out of Africa“, su Ebola. Refrain

  • The situation has become so bad that no one knows the true numbers of cases and deaths, only that they are probably much larger than official estimates. And the accompanying collapse of the countries’ health systems means that people are unnecessarily falling victim to malaria and other diseases. One does not need a mathematical model to foresee how bad this could get.

– Il secondo riguarda la riproducibilità dei risultati e le “conoscenze tacite” illustrate con un divertente aneddoto sul tasso di decadimento dello zaffiro misurato dai russi, ma non nei lab inglesi e americani

  • Only after years of struggling with various lubricants did the Western researchers realize that one member of the Russian group would sometimes run the thread across the bridge of his nose or behind his ear. With the right amount of human ‘flossing’ (and the right human), the Western scientists managed to get similar results. 

fonte

– “Holy Cows” è un titolo scherzoso, speriamo che i fondamentalisti indù  non se la prendano, a proposito di un altro evento estremo diventato più frequente:

  • In the last week, environmental campaigners have cried that the mass walrus beaching in Alaska, first spotted last month, is another clear signal of our warming world. Climate-change sceptics insist that the event is nothing unusual, and have dug out records of previous mass walrus ‘haul-outs’ to support their case. Delighted by the novelty (images of melting glaciers are so 2009), much of the media has discussed the story, and tried hard to work in a Beatles song reference.

Link alla reference aggiunto per i passanti più giovani…

There is a simple way to tell this tale. Walruses spend much of their time out of the water, especially when they are rearing young. They prefer to perch on floating sea ice, which gives them access to the seabed, where most of their food lives. As sea ice retreats north — and this year provided the sixth-lowest extent of summer Arctic ice on record — more walruses have to haul themselves onto the coast. Since 2000, increasing numbers of Pacific walruses (the Atlantic population is less affected) have been forced onto the beaches around the Chukchi Sea; in October 2010, scientists counted a gathering of 120,000 at Cape Serdtse-Kamen in Russia.
The demographics also suggest that something out of the ordinary is going on: female walruses usually recognize the risks of mass haul-outs, and leave the bulls to it.
The link between increased walrus haul-outs on Arctic beaches and the decreased availability of sea ice is clear-cut. The link to climate change is less so, at least in the short term. … Annual peaks and troughs — of animal movement and ice measurements — are symbolic, but the long-term trend is clear: the Arctic is warming, its ice is melting and the walrus’s traditional habitat is disappearing. The walruses of the Pacific Arctic face an uncertain future. They might be able to move, they might be able to adapt. Or they might be stuffed.

– da non perdere il commento di Wil Roebroeks e il paper del gruppo di Maxime Aubert, sulle pitture rupestri in una grotta di Sulawesi, Indonesia, che un metodo più preciso di datazione fa risalire a 39.900 anni fa.

  • In addition, a painting of a babirusa (‘pig-deer’) made at least 35.4 kyr ago is among the earliest dated figurative depictions worldwide, if not the earliest one. Among the implications, it can now be demonstrated that humans were producing rock art by ~40 kyr ago at opposite ends of the Pleistocene Eurasian world. 

Emozionante anche il video. Tra gli altri papers, segnalo di corsa:
 quello di una collaborazione sino-italo-elvetica sulla composizione e la provenienza degli aerosol che asfissiavano gli abitanti di Pechino Shanghai, Guangzhou e Xi’an nel gennaio 2013;
– con una serie di esperimenti, trapianti fecali compresi,ormai sono di routine, Jotham Suez del Weizmann et al. hanno misurato – nei topi per ora – gli effetti deleteri dei dolcificanti non calorici sul microbiota intestinale e quindi sul metabolismo. Non proprio una sorpresa

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Da Science

– Ebola, ovviamente (e in open access, come Nature, finalmente);
– due papers e una “perspective” di economisti sul tasso di fecondità che non cala in Africa per cui aumenteremmo oltre la fine del secolo, e sull’invecchiamento della popolazione e gli scenari che ne derivano (se ne occupa anche l’Economist, come fa spesso);
Speciale sui robot, umanoidi in particolare

  • As robots become more sophisticated, psychological paradoxes are coming into sharper relief. Robots that look human strike many of us as downright creepy (as this week’s cover attests), while robots that act human—when they are programmed, for example, to cheat at cards—somehow put us at ease. And no matter how uncannily lifelike some of today’s robots may seem, the resemblance is skin-deep. A stubborn challenge has been endowing robots with not only the capability to sense their environment, but also the wits to make sense of it. Robots will get there eventually, and when that happens we’ll be confronted with a new array of ethical and moral questions. Questions like: Should robots be accorded rights as sentient beings? The rise of the machines will be anything but predictable.

Nuove domande etiche e morali, non direi. Una famosa psicologa se le poneva negli anni Quaranta…

17 commenti

  1. Molto azzeccato il titolo del post. E’ inutile parlare di alluvioni, nubifragi e cambiamenti climatici se tanto continuiamo a costruire e a non intervenire dove sarebbe necessario. Voglio dire, se tanto non si fa nulla nè sul lato dell’allerta nè sulla preparazione del territorio a eventi che accadono da sempre e accadranno sempre di più, il meteorologo di turno è solo il capro espiatorio per nascondere l’insipienza degli italiani; di tutti gli italiani, non solo dei politici.

  2. @ocasapiens
    grazie per il link…a giudicare dal report ancora non sembrerebbero emegere aumenti significativi per gli eventi estremi relativi alle precipitazioni, al contrario di quelli di temperatura. Risultati simili furono ottenuti da uno studio portato avanti per la sola Regione Puglia da un mio ex professore di climatologia. In base a questo ritengo complicate, per ora, associazioni (anche se ipotetiche) tra queste alluvioni in Italia e l’aumento degli eventi estremi precipitativi. Che poi si inseriscano in un contesto globale di aumento degli eventi estremi (anche di piogge intense), va bene. Ma, tanto per cambiare, su scala regionale le cose si complicano. Parlo a livello di comunicazione al pubblico…
    Non so se e’ una considerazione condivisibile o se altri visitatori hanno dati diversi.

  3. robertoin
    potrebbe interessarti questo articolo.
    Riassumo le conclusioni per chi non ha voglia di leggere:
    1. diminuisce il numero di giorni di pioggia su tutta l’Italia, specialmente in primavera e autunno, a fronte di un totale delle precipitazioni circa costante o in diminuzione al sud;
    2. l’intensità delle precipitazioni aumenta ovunque ma risulta essere statisticamente significativa solo per il nord;
    3. di nuovo solo al nord è significativa la diminuzione degli eventi a bassa precipitazione e l’aumento di quelli ad alta;
    4. ancora al nord è significativo l’aumento degli eventi oltre il 99esimo percentile.

  4. Riccardo
    grazie per il link, domani lo guardo con calma….purtroppo è un po vecchiotto e, sembrerebbe, in leggera contraddizione con il report di ISPRA.
    Personalmente, sembrerebbe piu verosimile l’articolo di Brunetti, ma sarebbe interessante un update. La mia impressione è che ancora un vero e proprio trend evidente (e incontestabile) non sia emerso per questo tipo di eventi, probabilmente perchè i reali effetti del GW sono ancora troppo recenti.
    grazie ancora

    1. Riccardo,
      questo qui , mi avevano colpito le T notturne, forse perché abito a Milano. Sergio C. dell’EMCC (?) aveva parlato di dati ARPA ma non li ho trovati.
      robertoin,
      mi sembra che per l’intensità delle piogge a nord il trend si veda anche nel rapporto ISPRA, non so perché alla fine dicano che si vede solo nel centro e a sud.
      Le varie ARPA mettono i dati i rete, ma non nello stesso modo. Per la Liguria il grafico è fatto così e bisogna confrontare a occhio le variazioni annuali…

  5. Non mi sembra che si possa parlare di contraddizioni fra i due lavori quando una serie è molto più lunga dell’altra, più del doppio, infatti. Faccio notare che entrambi danno i trend su tutto il periodo a loro disposizione. A parte questo, è vero però che le conclusioni sono meno robuste rispetto a quelle sulle temperature, la variabilità nelle precipitazioni è di gran lunga maggiore.

  6. @ocasap
    “non so perché alla fine dicano che si vede solo nel centro e a sud.”
    perche’ i trend non sarebbero statisticamente signficativi (vedi tab 5.2 e 5.3)
    @riccardo
    beh le differenze sono sia nella significativita’ dei risultati sia nei risultati stessi, dove Bruntetti et al vedono un aumento degli eventi intensi al nord, mentre ISPRA al sud (e per il resto i trend sono quasi tutti non significativi). E’ chiaro che molto fa il numero di stazioni, oltre che la variabilita’ stessa delle precipitazioni.
    Sarebbe carino avere un database aggiornato e on line per gli eventi estremi sia per le T che per le piogge, da aggiungere all’analisi climatologica standard del CNR.

  7. si si era quello a cui mi riferivo quando ho scritto dell’analisi climatologica classica del CNR… 🙂

  8. robertoin
    la serie dell’ISPRA parte nel ’60 mentre quella di Brunetti nel 1880. Se ad esempio negli ultimi 10 anni si è avuto un cambiamento di tenenza (variabilità) la prima sarà più “sensibile” della seconda a questa variazione. Il confronto, caso, andrebbe fatto prendendo dalla serie di Brunetti il periodo coincidente a quello ISPRA.

  9. riccardo
    si si, senza’altro. Era sottointeso nel concetto di variabilità (nella mia testa)…ma il punto più che altro che mi premeva sottolineare è che, in un modo o nell’altro, non abbiamo studi che siano recenti o robusti o entrambi sugli eventi estrmi in italia. Quello di Brunetti mi sembra un buon riferimento, ma purtroppo si ferma al 2004. Dato che Brunetti è lo stesso che cura i dati dell’ISAC, sarebbe interessante, partendo da quello studio, avere un aggiornamento on line nella pagina della climatologia per l’Italia linkata da Sylvie. Il discorso sulle precipitazioni rimane molto complesso.

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