L'auto davvero auto – O's digest

Ieri a Pisa giornata densa e divertente sulla nutraceutica, attenti ai falsi pomodori neri, quello nuovo vero si chiama Sun Black, gli altri soffrono di una malattia della pelle. L’anno scorso le piantine sono andate a ruba in due settimane, per quest’anno conviene prenotarle.

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In copertina di Nature la Mercedes F 015 Concept che si muove senza bisogno di essere mossa da un autista, a proposito di un programma britannico

The government funding agency Innovate UK has launched a £10-million (US$15-million) project to study how autonomous, self-driving vehicles will fit into daily life in four parts of England: Greenwich, Coventry, Milton Keynes and Bristol

e dei progetti di multinazionali e start-up secondo le quali tra dieci anni saranno in strada. Se il governo spinge la tecnologia e la gente se ne fida (della tecnologia dice Nature, del governo lo dico io).

Sotto “Atti di fede” si parlava di evoluzione dei rilievi terrestri. Coincidenza, Quirin Schiermeier da una prospettiva storica a un paper di John Crowley et al. su Science e a quello di Maya Tolstoy nelle Geophys Rev Letters sugli effetti del clima: come glaciazioni e deglaciazioni modificano la crosta terrestre – questa volta non in Islanda ma negli oceani.

E un gruppo di geofisici neo-zelandesi, americani e giapponesi pubblicano una mappatura fino a 100 km di profondità delle onde sismiche (P) che hanno provocate con una serie di esplosioni. Al confine tra crosta (litosfera) e mantello, la placca oceanica scivola su un “canale” viscoso e s’infila sotto l’isola settentrionale della Nuova Zelanda. Catherine Richert spiega l’importanza della ricerca:

The transition from the rigid lithosphere to the flowing asthenosphere has classically been defined by temperature. Temperature has a large effect on the viscosity of rocks — their ability to flow. 

Ma la temperatura non basta a descrivere la dinamica di una placca e nemmeno a definirla.

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Fine di un altro tentativo di impianto-pilota per la “cattura del carbonio, scrive Jeff Tollefson

The US Department of Energy (DOE) has pulled out of the FutureGen project — for a second time, the effort’s organizers said on 3 February. Unveiled in 2003, FutureGen was supposed to be the first commercial-scale power plant in the United States to capture and sequester its carbon dioxide emissions. (…)
The biggest factor in the United States and around the globe is the lack of significant long-term policies that put some kind of price on CO2 emissions. Capturing and sequestering CO2 costs money. As long as companies are allowed to vent the gas into the atmosphere, it will remain cheaper to do so.  In recent years, relatively cheap natural gas has encouraged energy companies to simply abandon coal altogether. And now that the price of oil has fallen, it will be harder for them to sell captured CO2 to oil companies.

Anche Janet S. Long et al. vogliono esperimenti ben congegnati e rigorosi in geo-ingegneria del clima

Several reports and institutions have called for climate-engineering research to commence. We agree. We must start now: gaining a solid understanding of any climate-engineering technique will take decades. Small-scale outdoor experiments in particular are needed to provide real-world answers to questions about the efficacy and advisability of climate engineering.

Tre temi sui quali c’è ancora molto fumo e poco arrosto, insomma…

Martinez-Botì et al. hanno ricostruito la concentrazione della CO2 atmosferica, usando isotopi di boro, da 3 milioni a 10 mila anni fa. Dall’estensione dei ghiacci e dalla loro albedo, calcolano che la sensibilità del clima all’equilibrio nel Pliocene caldo era due volte quella del tardo Pleistocene gelido:

We conclude that, on a global scale, no unexpected climate feedbacks operated during the warm Pliocene, and that predictions of equilibrium climate sensitivity (excluding long-term ice-albedo feedbacks) for our Pliocene-like future (with CO2 levels up to maximum Pliocene levels of 450 parts per million) are well described by the currently accepted range of an increase of 1.5 K to 4.5 K per doubling of CO2.

C’è anche un bel paper di Nicholas Graham et al. sulle barriere coralline che hanno il “potenziale”” o meno di adattarsi al risc. globale.

(A propos. Domani, c’è il lancio del satellite

 Deep Space Climate Observatory, or DSCOVR, will maintain the nation’s real-time solar wind monitoring capabilities which are critical to the accuracy and lead time of NOAA’s space weather alerts and forecasts. Without timely and accurate warnings, space weather events like the geomagnetic storms caused by changes in solar wind have the potential to disrupt nearly every major public infrastructure system, including power grids, telecommunications, aviation and GPS

una missione congiunta NOAA-NASA che era stata approvata da Al Gore, poi cassata da Bush Jr, per fortuna perché  uno degli strumenti era sbagliato e così si è fatto in tempo a scoprirlo e a costruirne un altro.)

Un editoriale invita scienziati ed enti di ricerca a protestare contro le violazioni dei diritti umani negli stati “partner”, in particolare in Arabia Saudita (link aggiunto)

What can scientists there achieve by speaking out? Foreign researchers working at KAUST who were contacted by Nature seem sincerely convinced that, by educating and broadening the horizons of young Saudi Arabians, they can do more good by working to help to slowly open up the regime. The scientists are to be applauded for their efforts — this journal has long backed scientific cooperation as a form of diplomacy, for example with Iran, and has similarly opposed proposed scientific boycotts of Israel. 
Scientists at KAUST are perhaps not best placed to speak out, being at risk of potential retribution. But Saudi Arabia benefits hugely, not least in terms of its inter­national image, from prominent collaborations with Western research organizations and universities, which have a duty to use that leverage to speak out on abuses, and to call for greater democratic reforms — both publicly and in their private dealings with their Saudi partners.

Articolo di Declan Butler sul parere degli stranieri che hanno accettato i favolosi contratti della KAUST, in breve: non è inclusa la libertà di espressione.

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Dopo quella del novembre scorso, l’ESA ha pubblicato una seconda ondata: 20 nuovi papers della collaborazione Planck, con le analisi della radiazione cosmica di fondo osservata dal 2009 al 2014. Ci sono piccole modifiche nella cronologia dell’universo, nascita delle prime stelle in particolare, i parametri cosmologici sono più precisi, e un po’ di stime dell’energia oscura e vincoli per modelli.

La sintesi è una guida alla lettura, provvisoria perché mancano ancora 8 papers.

7 commenti

  1. Non è facile per uno scienziato protestare, considerando i tipi di contratti e posizioni. Certe cose meglio lasciarli ai politici imho

  2. Andrea,
    è vero che non è facile, ma non si può lasciare la protesta ai politici: non protestano mai (o solo quando fa loro comodo)

  3. A proposito di rilievi, pare che l’ottimo M. confermi che il suo discorso era un pour parler: il “qualche milione” era per dire, e anche “Dolomiti” lo si usava in senso lato. Aggiustato così, potremmo persino essere d’accordo. Almeno in senso lato
    😉

  4. @ Cimpy
    A proposito di rilievi, pare che l’ottimo M. confermi che il suo discorso era un pour parler: il “qualche milione” era per dire
    Un po’ come Renzi ci dicesse che “il debito pubblico e’ composto da qualche milione di euro”. O come se il comandante dei Titanic, nel suo S.O.S., avesse segnalato “un piccolo problema con qualche chilo di ghiaccio”. O come se Leonida avesse mandato a Sparta un messaggio riferendo di aver avvistato, alle Termopili, “qualche soldato persiano”.
    Si’, in senso lato potremmo essere d’accordo con ognuno di loro.
    Chissa’ se anche sostenere che le Alpi, qualche milione di anni fa, erano piu’ alte di adesso era per dire.

  5. Su scienziati e diritti umani, si, parliamone. Ma attenzione, ci sono molti altri Stati “amici” su cui si potrebbe aver da ridire. Siamo sicuri di voler dare la stura ad una “rivolta accademica” per i diritti umani? Tanto per dire, nello stesso articolo su Nature si parla della contrarietà ad una azione analoga contro Israele.
    Nell’articolo di Martinez-Botì et al. c’è una buona notizia, se non per noi almeno per il Pianeta: nel Pliocene non ci sono stati feedback inaspettati. Ciò significa che alcuni degli scenari ipotizzati di lungo termine, i peggiori, non dovrebbero verificarsi.
    Ma a prescindere da questo io continuo ad immaginare che a questa triste storia dei nostri gas serra metteremo una pezza.

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