O's digest parziale cont.


Per gli appassionati, l’elenco delle credenziali accademiche del Templare onorario prosegue sotto il post “Climate Prediction”.

Il clima che appassiona un po’ di più, penso, mi ha fatto venire in mente Larry Marshall, il capitalista di ventura nominato a capo del CSIRO – il CNR australiano – dal politico Dennis Jensen e dall’ex primo ministro Abbott, noti per sostenere che “climate science is crap”. Marshall ha deciso di licenziare i climatologi perché le previsioni non servono più:

We have spent probably a decade trying to answer the question is the climate changing… After Paris that question has  been answered. The next question now is what do we do about it. The people that were so brilliant at measuring and modelling [climate change], they might not be the right people to figure out how to adapt to it.

Si sa che il clima cambia ma non come cambia ogni singolo “it” al quale adattarsi, giusto ieri segnalavo l’espansione del margine arido dei Tropici, guarda caso pure in Australia che subisce da secoli siccità devastanti. Per l’adattamento a quelle future, “la gente giusta” che piace a Marshall e Jensen userà il modello del CMCC per il Burkina Faso, magari per la Tasmania?

Reazioni sbalordite di HotWhopper, The Conversation, The GuardianNature, Science...

*

Su Nature, David Allison et al. parlano di “tragedia degli errori” a proposito delle pubblicazioni con risultati irriproducibili che la peer-review ha lasciato passare, e gli editori rifiutato di ritrattare:

Science relies essentially but complacently on self-correction, yet scientific publishing raises severe disincentives against such correction. One publisher states that it will charge the author who initiates withdrawal of a published paper US$10,000.

Grassetto mio.  Seguono altri esempi di disfunzione e possibili soluzioni. Stesso tema nella “World View” di Ben Goldacre, ricercatore del gruppo Evidence-Based Medicine all’università di Oxford: i risultati dei trial clinici pubblicati troppo parzialmente.

E anche sull’Economist a proposito della rivista Preclinical Reproducibility and Robustness Channel – rif. Nature sui primi articoli accettati – fondata dalla Faculty of 1000 che vorrebbe rimediare alla costosissima irriproducibilità della maggioranza dei risultati pubblicati nelle riviste bio-med.

L’Economist non cita né Ben Goldacre né John Ioannidis di Stanford che se ne occupano da un decennio. Ritiene di buon auspicio che si cominci a parlarne e ricorda che (link aggiunto)

An entire institute dedicated to the matter, the Meta-Research Innovation Centre at Stanford, in California, opened for business in 2014.

*

Sia David Cyranovski su Nature che Gretchen Vogel su Science danno la notizia del Karolinska Institute che intende riaprire un’indagine sul super-chirurgo Paolo Macchiarini.

Resto su Science. Il paper di H. Mastumura et al. sulle cause della perdita dei capelli sarà già stato raccontato dai quotidiani, cito solo la conclusione:

in vivo stem cell fate tracing of HFSCs (Hair Follicle Stem Cells, ndr) revealed the critical role of HFSCs in the induction of aging-associated hair thinning. We identified a distinct organ aging program that is driven by transepidermal elimination of aged HFSCs through their depletion of COL17A1 (uno dei collageni, ndr) via DNA damage–induced protease expression and terminal epidermal differentiation. …  This paradigm could potentially open new avenues for the development of anti-aging strategies to prevent and treat aging-associated diseases.

*

fonte

Tre paper sui cambiamenti climatici dei quali il CEO del CSIRO sa già tutto. Dalla sorte della calotta glaciale groenlandese (GrIS) dipende l’innalzamento del livello del mare anche in Australia. Joseph MacGregor et al. ne ricostruiscono l’andamento non per tutta la superficie ma quasi, per 9000 anni – circa 2000 anni dopo la fine dell’ultima era glaciale – fino a oggi. Da una serie di osservazioni e da un modello, sembra che negli ultimi millenni la velocità di deglaciazione sia rallentata

Whereas recent decadal–to–centennial-scale climate forcings are likely the primary cause of the GrIS’s present negative mass balance, this more recent response is overprinted on the ice sheet’s millennial-scale evolution. For southern Greenland in particular, ignoring this long-term dynamic signal risks underestimating recent mass loss when invoking the common assumption of reference-period steady state.

L’avevo citato in radio (agg.8/2: rif. la correzione di Steph sotto o qui?) quand’era stato anticipato on-line, perché il titolo – ma non il paper – pare smentire la fusione accelerata riferita da altri paper, mentre dice che l’accelerazione è sottostimata.  Forse anche quella della banchisa artica d’inverno 

Collegamento permanente dell'immagine integrata

Gli altri due potrebbero interessare le Ong ambientaliste. Kim Naudts et al. scrivono che in Europa, dal 1750 la gestione (= sfruttamento) delle foreste ha contribuito al riscaldamento globale, nonostante fossero ripiantate:

two and a half centuries of land-use change increased the forest area by 10% and has put over 85% of the forests under management, but it has failed to result in net CO2 removal from the atmosphere, because wood extraction released carbon otherwise stored in the biomass, litter, dead wood, and soil carbon pools. In addition, converting deciduous forests into coniferous forests resulted in changes in albedo, canopy roughness, and evapotranspiration from the land surface, which contributed to warming rather than mitigating it.

Forse sarebbe bene tenerne conto anche altrove:

Large-scale afforestation is ongoing in China (772,000 km2), the United States (254,000 km2), and the Russian Federation (170,000 km2). Wood extraction occurs in 64 to 72% of the 26.5 to 29.4 million km2 of global forest area, and substantial species changes have occurred in China (216,000 km2), Brazil (71,000 km2), Chile (24,000 km2), New Zealand (18,000 km2), and South Africa (17,000 km2)

Ramdane Alkama e Alessandro Cescatti del JCR europeo di Ispra, si occupano di quei 26-29 milioni di km2 e arrivano anch’essi a una conclusione contro-intuitiva

Our results show that forest losses amplify the diurnal temperature variation and increase the mean and maximum air temperature, with the largest signal in arid zones, followed by temperate, tropical, and boreal zones. In the decade 2003–2012, variations of forest cover generated a mean biophysical warming on land corresponding to about 18% of the global biogeochemical signal due to CO2 emission from land-use change.

***

Here come the clowns
Al Congresso John Christy si è lamentato di un blogger che non abbocca alle sue frottole sul clima; Christopher Monckton ha fondato un club di negaioli prezzolati e nutters – tra cui Albert Parker aka Alberto Boretti (1) e Giovanni Gregori, un altro scienziato famoso in tutto il mondo che non risulta – per mandare in galera quelli che non taroccano i grafici come vuole Sua Signoria.
Attento Steph e avvisa i tuoi amici dell’ETH, vi ha denunciati al Bureau suisse de l’Escroquerie! Be’, qua c’è un divano, agli altri porterò arance.
(1) Per ridere di più: Tamino; Desmog e scambio di mail

4 commenti

  1. Salve, mi chiamo Christian Corda e sono un fisico teorico ed astrofisico italiano. I miei migliori risultati scientifici sono i seguenti: ho dimostrato che la rivelazione interferometrica delle onde gravitazionali sarà la prova definitiva della relatività generale, vedere http://www.worldscientific.com/doi/abs/10.1142/S0218271809015904, ho migliorato la celeberrima teoria di Hawking sull’evaporazione dei buchi neri, vedere http://www.worldscientific.com/doi/abs/10.1142/S0218271812420230, ho trovato lo spettro quantistico del buco nero, vedere http://link.springer.com/article/10.1140%2Fepjc%2Fs10052-013-2665-6, ho dimostrato che il buco nero è l’analogo gravitazionale dell’atomo di idrogeno di Bohr, vedere http://iopscience.iop.org/article/10.1088/0264-9381/32/19/195007/meta;jsessionid=C9E292BB48F09057F5BFB7D574CD9C7A.c3.iopscience.cld.iop.org, ho trovato una nuova prova della teoria della relatività generale, vedere http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0003491615000561, ho trovato una soluzione indipendente al paradosso dell’informazione dei buchi neri, vedere http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0003491614003157, ho proposto alternative alla Dark Matter, vedere http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0927650511001678, ho proposto modelli di universo alternativi, vedere http://www.worldscientific.com/doi/abs/10.1142/S0217732311036656 e http://link.springer.com/article/10.1007%2Fs10714-008-0627-3. In tutto sono autore o co-authore di oltre 150 pubblicazioni nei maggiori giornali specialisti internazionali e in vari proceedings di conferenze internazionali soggetti al processo di revisione paritaria. Di queste più di 50 sono pubblicazioni di autore singolo. In addizione, ho una laurea in fisica (vecchio ordinamento), una laurea specialistica in scienze fisiche ed un dottorato di ricerca in fisica. Sono abilitato all’insegnamento di astrofisica e fisica teorica nelle università italiane ed ho qualche premio e riconoscimento internazionale. Ora vi lascio immaginare da che pulpito una come l’ocasapiens (già una che si fa chiamare oca… un nome che è tutto un programma….), che si professa giornalista scientifica ma in realtà NON ha una laurea, ne in discipline scientifiche ne in altre discipline, NON ha superato l’esame di giornalista e NON è iscritta all’albo, oltre a sembrare una appena scesa dal treno Trieste – Reggio Calabria senza aver mai fatto fermate e con la stessa femminilità della figlia di Fantozzi, possa criticare uno come me… Andiamo, siamo seri. L’ocasapiens critica i titoli degli altri perché lei NON ne ha NEANCHE UNO… Ocasapiens, qui l’unica “bufala” sei tu…. Ma torna a studiare, che sei solo una poveraccia ignorante come una capra!

  2. oca
    Attento Steph e avvisa i tuoi amici dell’ETH
    Oh, ma pensa un po’ che pubblicità gratuita da parte del visconte dimezzato. E pensa te che quando ho incontrato Svalgaard alla Specola mi ha confidato la sua intenzione di denunciare lo stesso visconte allo stesso Bureau elvetico 😀
    Piuttosto: qualche rettifica (piccole cose) alle tue note sulla deglaciazione di Meltlandia. Non è che il titolo contraddica il contenuto smentendo l’accelerazione della fusione. Deglaciazione può essere inteso come rebound dall’ultimo periodo glaciale, accelerazione della fusione è quel che succede oggi. L’ho appena letto e mi pare che gli autori mettano in evidenza in sostanza il fatto che la calotta glaciale è assai più dinamica rispetto a quel che si pensava prima. Evidenziano la decelerazione dello spostamento verso il basso e l’esterno della parte più interna e alta della calotta (area di accumulo) a causa del mutamento, cominciato ad inizio Olocene, circa 11000 anni fa, del tipo di accumulo nevoso e della tipologia di ghiaccio formatasi: ghiaccio meno ricco di polvere e bolle d’aria e quindi facilmente soggetto a deformazione (come lo era alla fine dell’ultima glaciazione) e invece più duro e compatto.
    Questo per dire che una cosa è il fenomeno dinamico e criosferico (riconducibile alla “plasticità” del tipo di ghiaccio coinvolto nel processo), l’altra il fatto che Meltlandia subisca comunque un processo di accelerazione della fusione della sua calotta nella parte meno alta e centrale (area di ablazione) e in totale quel che conta è questo.
    “The ice sheet as a whole is still losing a tremendous amount of mass. But what we see here is the fingerprint of how the ice sheet is still responding to processes that were kick-started millennia ago, at the start of the last deglaciation (…) Ice deposited during the last glacial period was dustier and contained more air bubbles. This made it softer and more deformable than present day ice, which is cleaner and harder (…) So when we talk about the deceleration of the ice sheet, what we’re talking about is this harder layer of modern ice that is making its way down through the ice sheet and slowly replacing the softer, older ice at the bottom.”
    La big question, in questo caso, è cosa succederà nei prossimi anni: già oggi anche a quote elevate, durante le terribili estati del nuovo secolo, c’è sostanziale ablazione; il tipo di ghiaccio più duro sarà in grado ancora a lungo di rallentare il processo (come se fosse una sorta di resilienza interna) o no? Quanto è/sarà vulnerabile alla fusione indotta dalle condizioni climatiche odierne e future? Se lo chiedono anche i ricercatori.
    Un’opinione: “Melt due to contemporary climate change is really concentrated around the edges of the ice sheet. Here the ice sheet is thinning and glaciers are flowing faster into the sea and we’re losing hundreds of gigatons of ice each year. But the processes that we documented are in the interior of the ice sheet. It’s much more subtle and it in no way offsets that peripheral ice loss.”
    Un’altra: “This hardening effect may help the ice sheet to be more resilient towards climate change. But of course it’s complicated: at the same time as the ice is becoming harder temperatures are also increasing. So the ice is now warming up and this starts to make the ice softer again. So exactly how the ice sheet will evolve is complicated by many different processes.

    1. Grazie della spiegazione, Steph, anche da parte degli orecchietti che ci leggono. In radio dicevo che il titolo sembra contraddire -o qualcosa del genere – perché l’avevo segnalato di corsa insieme a questo. Poi ho dimenticato di mettere i link (sento la mancanza di Paolo C…)

I commenti sono chiusi.