Adieu marennes, belons, fines de claire…

Sulle Environmental Research Letters, Yoann Thomas dell’università di Nantes e altri ricercatori francesi dell’IFREMER-costa ovest pubblicano una brutta storia:

Hanno raccolto e analizzato indici e dati meteo, ambientali (qualità dell’acqua dei fiumi e negli estuari, salinità, turbolenza, rimescolamento delle acque marine ecc.), economici (resa dell’ostricoltura nei sei bacini principali) e soprattutto dati fisiologici e sanitari, dal 1986 al 2015:

  • Complex interactions between pathogens (virus and bacteria), environment (water temperature, freshwater input, salinity and eutrophication) and oyster physiological status (reserves metabolism, reproductive effort, growth rate) have been identified in the literature as key parameters in oyster mortality etiology. 

I parametri sono quelli del monitoraggio della Crassostrea gigas del Pacifico, introdotta in Francia negli anni ’60 e sorvegliata da vicino dal 1980 perché è la più venduta:

  • estimated loss of 10 million Euros in yearly turnover for each 1% of over-mortality in France, considering current price: ~8 € kg, and production: 125.000 tons/year

Dall’analisi salta fuori che le perdite peggiori avvengono dopo un’aumento invernale dell’umidità e della temperatura alla superficie del mare, quando l’oscillazione nord-atlantica (NAO) è positiva. Se la NAO è negativa, i patogeni sono decimati dal freddo invernale, la C. gigas e le altre prosperano e si moltiplicano.

Fin qui niente di nuovo. Si sa da tempo che l’andamento della NAO influisce sulle risorse dell’ecosistema e quindi sulla fitness riproduttiva degli animali. Gli studi più famosi sono quelli sulle pecore nelle Orcadi, mi sembra.

Con modelli a ritroso (hindcast) fino al 1900, Thomas et al. hanno verificato la correlazione tra la fitness delle sei specie e le variazioni del clima e degli ecosistemi locali. Da questi, hanno derivato 36 modelli per simulare i rischi di mortalità a breve e lungo termine fino al 2100, in base a due scenari opposti:

  • the ‘business-as-usual’ scenario (Representative Concentration Pathway, RCP8.5), which assumes that greenhouse gases (GHG) emissions continue to rise throughout the remainder of the 21st century, and the most stringent mitigation scenario (RCP2.6), which served as support for the Paris Agreement.

Tutti i modelli prevedono un aumento invernale della temperatura alla superficie del mare

  • On average, winter SST levels off in RCP2.6 around 2040 at about +0.5 °C with respect to the 1986–2015 baseline, but climbs up to about +2 °C in RCP8.5 by 2100.

Per le ostriche, soprattutto quelle autoctone meno toste e più pregiate della C. gigas, significa che

  • The average risk factor saturates around 60% in RCP2.6 but reaches 100% in 2070 in RCP8.5. 

Non è possibile sapere se i modelli sono “conservatori” o “pessimisti”, scrivono gli autori, perché quella temperatura è solo un fattore di mortalità e forse non il più rilevante rispetto a infezioni, nutrienti, predatori, acidificazione dell’oceano, inquinamento ecc. Anche se la C. gigas può traslocare sulle coste della Norvegia,

  • one can expect that the pace of the adaptation at a given site and from a practical perspective is unlikely to be fast enough judging by the very pronounced rate of increase of the projected mortality risk over the next 20 years as assessed here from a systemic-oriented framework combining the best available and most reliable information from historical observations and climate model simulations.

Refrain: servono più dati…

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O’s digest di Science 
Segnalo
– un inserto sullo sviluppo cerebrale, da non perdere stando ai due articoli che ho letto;
– un editoriale di Muriko Yurakami e Francesca Borgonovi dell’OCSE sulla discriminazione delle donne in Giappone, meno ingenuo del “modello” Strumia (facile);
– un articolo di Edwin Cartlidge sui liquidi tossici fuoriusciti dall’INFN sotto il Gran Sasso, finiti nella falda che alimenta gli acquedotti nonostante i lavori che dovevano prevenire altre perdite, e sull’indagine avviata dalla Procura che potrebbe far chiudere due esperimenti;
– la  risposta del direttore Jeremy Berg alle molte critiche ricevute dopo la pubblicazione della lettera di una sessantina di scienziati, in difesa del genetista Francisco Ayala, dimessosi dall’Università della California a Irvine dopo che un’indagine ne aveva confermato le molestie sessuali denunciate da quattro colleghe:

  • In the future, we will not publish Letters in which authors argue that an individual accused or found guilty of harassment is likely innocent because others have interacted with that person without incident; this argument is logically flawed. 

Scrivevo ieri dei topolini creati con cellule staminali embrionali di “due padri” e “due madri”, dai geni “corretti” con la tecnica CRISPR-Cas e con un tasso enorme di fallimenti.
Guarda caso, due ricerche (anticipate on-line, ma non le avevo viste) identificano in svariati patogeni le proteine “inibitrici” e rispettivi geni che rendono l’enzima CRISPR-Cas12a incapace di correggere il genoma del batterio infettato, e quello umano:
– quello di Kyle Watters et al. del gruppo di Jennifer Doudna  all’UC-Berkeley suggerisce un “sistema” bioinformatico e di screening per trovarne altri;
– quello di Nicole Marino et al. coordinati da Joseph Bondy-Denomy all’UC-San Francisco suggerisce “strumenti” per trovarne altri. Loro usano una Pseudomonas aeruginosa geneticamente modificata come modello per una cinquantina di proteobatteri.

Detto in parole povere, i virus hanno evoluto meccanismi di difesa per restare nel Dna dei procarioti in barba al sistema immunitario dell’ospite.
Vista la scoperta di decine di anti-CRISPR e relativi geni che magari hanno equivalenti negli eucarioti, scrivono Eugene Koonin e Kira Makarova nella prospettiva, gli aspiranti correttori del genoma umano dovrebbero cominciare a tenerne conto.

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Nel 2002, Rimland e McGinnis inventavano un meccanismo, basato sulla correlazione fraudolenta tra vaccino trivalente e autismo di Andrew Wakefield et al. nel 1998. Dopo sedici anni e centinaia di citazioni in campagne di disinformazione, Lab Medicine ha deciso (tks S.C.) di ritrattare il loro articolo

  • following the course taken by The Lancet

A rilento. Per ritrattare le frodi, il Lancet ci aveva messo “soltanto” 11 anni e mezzo. (h/t R.D.)

3 commenti

  1. Dopo sedici anni e centinaia di citazioni in campagne di disinformazione, Lab Medicine ha ritrattato il loro articolo
    The editors’ retraction notice is paywalled. The corrupted paper itself is freely available –
    https://academic.oup.com/labmed/article-pdf/33/9/708/24958552/labmed33-0708.pdf
    – and I see no indication of a retraction, despite the editors’ promise that

    The article will no longer be available
    in the Lab Medicine digital archives, and a statement
    that the article has been withdrawn will appear in any
    PubMed search that produces the citation.

  2. a statement that the article has been withdrawn will appear in any PubMed search that produces the citation.
    No PubMed search will ever produce the citation (the paper isn’t in PubMed), so editors were not committing themselves to very much with that promise.

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