"Torniamo alle cose serie"

Con queste parole Paolo C. mi invita a lasciar perdere i commenti esilaranti che compaiono da Climalteranti. Obbedisco, ma prima ne segnalo uno sotto la recensione di Stefan Rahmstorf al comunicato stampa dell’ETH e allo studio dei suoi ricercatori sulla riforestazione:

  • Nell’articolo [da me tradotto, ndr] si fa riferimento ad un miracoloso calo delle emissioni ma poi si va a finire in uno studio che non è di pubblico dominio. Questo chiama in causa il fideismo. No, le sette esoteriche non fanno per me. Scusate l’intromissione. Aria!

“Setta esoterica” non me l’aveva mai detto nessuno, spero di riuscire a tornar seria quanto basta per un

O’s digest – climate science

L’altro ieri accennavo a “una, no, due, pardon… tre nuove pubblicazioni (ricopio perché Paolo C. avrà già controllato che i link siano giusti!), in particolare alla prima e alla terza del consorzio Pages 2K, dove “P” sta per Pignoli con le statistiche –  mai usare due metodi incrociati se ce ne sono quattro o cinque – e “ages 2k” per gli ultimi duemila anni.

Insieme confermano l’eccezionalità di un riscaldamento così uniforme e veloce, sono il cacio e i maccheroni.

Nelle 700 serie affidabili di dati vicari (proxy), fino al 1850 le temperature erano più calde in certe regioni e più fredde in altre. Aumentavano e calavano in sintonia con le forzanti naturali, ma non in contemporanea. Eruzioni in serie di vulcani e i loro periodi di requie erano i principali “termostati”, dicono gli autori della seconda ricerca. Attorno al 1810, quelle del Tambora e di altri vulcani della zona  hanno frenato per poco il riscaldamento nell’emisfero nord, ma hanno causato una piccola era glaciale in parte dell’emisfero sud.

Invece il picco della “piccola era glaciale” era avvenuto nel Pacifico centrale e orientale nel Quattrocento, e in Europa nord-occidentale e negli USA sud-orientali nel Seicento. Il “caldo del periodo romano” ha riguardato innanzitutto l’impero romano, appunto, e il “periodo caldo medievale” circa metà del pianeta. Bref, il nostro è il primo periodo caldo prolungato sul 98% del globo (sospetto il 2% di essere il solito blob dell’Atlantico nord che si vede in blu sulle mappe termiche…)

Il commento di Scott St George su Nature è intitolato

Avevano ragione i paleoclimatologi John Matthews e Keith Briffa, scrive, che nel 2005 avvertivano di non confondere la piccola era glaciale con un periodo freddo, ininterrotto e globale. Era la tesi di Michael Mann, e per vendicarlo dagli insulti, dai processi, dalle diffamazioni, un ricercatore di Pages 2k ha fatto un video sulla sua mazza da hockey:

viviamo in tempi straordinari… i cambiamenti stanno già danneggiando le risorse alimentari e idriche… Le soluzioni esistono, ma prima dobbiamo concordare sui fatti

invece di negarli.

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Piantare alberi
Anche leditoriale di Nature Climate Change si occupa di riforestazione. Cita l’articolo di Bastin et al. su Science (è più ottimista di me sul successo del Bonn Challenge) e presenta

  • il paper di Rebecca Senior et al. sulla deforestazione “spezzettata” nei Tropici e la biodiversità che ne risente;
  • di Yan Jiang et al. sulla foresta pluviale del Congo ridotta dalla siccità insieme alle risorse alimentari dei suoi abitanti;
  • di Kyle Rosenblad et al. sulle conifere che, nel loro modello, resistono all’estinzione dove hanno nicchie accoglienti e protette sulle isole più grandi fra quelle che entro il 2070 rischiano di essere più colpite dai cambiamenti climatici.

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Pluf, splash

Science dedica la copertina a un articolo che descrive lo scioglimento basale del ghiacciaio LeConte nel sud-est dell’Alaska, durante la primavera-estate del 2016 e del 2017. La sua base è lubrificata dalla marea come succede a quelli costieri della Groenlandia e dell’Antartide. Il suo “terminale” sulla riva ruscella da sotto (plume discharge) e perde iceberg, come previsto dai modelli. Lo confermano le misure “sul campo” e la mappatura della base rocciosa alla quale è ancorato.
Però la dinamica è complicata da altri processi, dalle correnti mareali, da onde interne al ghiacciaio che sembrano accelerare. Se è così, accelera anche l’innalzamento del livello del mare.
Be’, meno male che gli autori non sono andati a fare misure sul campo quest’anno… 

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Supply-side climate economics
Nel “Policy Forum” nove economisti norvegesi, di solito assennati pare, riassumono la letteratura sulla soluzione più “indolore” per far rispettare l’Accordo di Parigi:

  • riorientare gli interventi per il clima direttamente verso i produttori di combustibili fossili, mettendo un tetto al flusso delle estrazioni e limitando le riserve disponibili per l’esplorazione.

Sento da qui gli evviva di BigOil & Coal. Un trattato internazionale in questo senso avrebbe il vantaggio di

  1. incrementare l’impatto dell’Accordo di Parigi in presenza di portoghesi (free-riders)
  2. stimolare l’investimento in ricerca e sviluppo di tecnologie a basso tenore di carbonio
  3. fornire un’assicurazione se l’Accordo di Parigi dovesse fallire
  4. rendere gli interventi sul carbonio più accettabili ai produttori di combustibili fossili.

Coooosa?

  • Nessuno di questi effetti dipende dalla partecipazione universale dei produttori. Inoltre un trattato simile non dev’essere necessariamente costoso, potrebbe anzi ridurre i costi della transizione verso un’economia a basso tenore di carbonio.

Sono ingenui o disperati?

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La buona notizia della settimana
Anche Jon Cohen parla dei risultati annunciati dalla Merck alla conferenza AIDS 2019 che si teneva a Città del Messico. Il trial di fase 1 consisteva in 16 volontari, sei per ciascuna delle due dosi (una combinazione di due antiretrovirali), quattro per il placebo, quindi sono molto preliminari. Nel braccio hanno tenuto per 12 settimane un “impianto” sottocutaneo che rilasciava il farmaco o il placebo, per testarne la sicurezza.

Tutti e 16 hanno avuto effetti collaterali “lievi” nel senso di prurito, sensazione di qualcosa di duro, ematoma per qualche giorno – come succede con gli altri farmaci somministrati così. Ma per 6 dei volontari ce n’è stato uno positivo. Quattro settimane dopo che l’impianto era stato rimosso, nel sangue di quelli che avevano ricevuto la dose più alta il livello degli antiretrovirali era così alto che l’impianto potrebbe essere efficace per 16 mesi.

Sostituirebbe le pillole quotidiane da profilassi “pre-esposizione” e farebbe da “vaccino terapeutico” contro l’HIV. Quello che Barbara Ensoli promette da 20 anni e di recente solo nelle conferenze del truffatore OMICS.

5 commenti

    1. Non dicevo mica sul serio!
      Da quello che ricordo, era previsto dai modelli come conseguenza del riscaldamento dell’Artico e le prime boe Argo l’avevano confermato, quindi era dopo il 1999. Forse si era già visto qualcosa sulle mappe termiche, ma sarà stato piccolino.

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