Il consenso degli economisti sul clima

Colazione alla mensa del Sole-24 Ore con un’amica lucana – che ha appena pubblicato un bel saggio dal Mulino, “Andando per Matera e la Basilicata”, quante cose non sapevo. Cura le pagine del domenicale su molti temi tra i quali l’economia, e anche lei è un po’ sorpresa dall’insistenza dell’Economist sui costi attuali dei cambiamenti climatici.

Quindici anni fa, quando lanciava il Consenso di Copenhagen orchestrato da Bjorn Lomborg e dai suoi finanziatori, le avrebbe denunciate come “allarmiste”.  Questa settimana, il titolo in copertina è “Veglia funebre per l’Amazzonia – la  minaccia di una deforestazione irreversibile”, l’editoriale e il briefing sono più allarmanti degli articoli del Guardian, trovo. Forse perché il punto di vista è diverso?

Si riferiscono al dibattito scientifico sul “Piantare alberi” e all’Accordo di Parigi che prevede la riforestazione e la protezione delle foreste esistenti, ma anche al commercio globale, per esempio al calo delle esportazioni degli agricoltori brasiliani. Le rese della soia transgenica o meno cala con le siccità sempre più frequenti in Amazzonia e non c’è fertilizzante che tenga…

In giugno era uscito “Corporate Responsibility 2018” degli economisti della Munich Re con un’introduzione di Greta Thunberg:

  • Climate change is undoubtedly one of the biggest challenges facing mankind today and requires decisive action as a matter of great urgency.

Scherzo! I’m kidding! Je blague! ecc.

“Opinioni” sul Wall Street Journal e sul Times di Londra a parte, non mi è venuto in mente né un giornale né una rivista di economia che dia credito alle tesi bigoiliste sui benefici del riscaldamento globale. In compenso mi son ricordata che la temperatura media annua ideale per la produttività del lavoro: 13,5 -14,5 °C. Non 23 °C come crede un ignaro dell’alternarsi del giorno e della notte nonché delle stagioni, sotto l’articolo di Matt “King Coal” Ridley:

  • Se ti avvicini ad una media annuale di 23 gradi, l’impatto della temperatura sul Pil diminuisce.

Per fortuna agli altri “sembra una cagata, così su due piedi”.

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“Senza precedenti”
Continuano gli incendi attorno all’Artico e i picchi di calore che fanno scorrere in mare gigatonnellate di ghiacci dalla Groenlandia all’Alaska. La banchisa artica è ai minimi del 2012 e quella antartica non vuol saperne di crescere.
Paolo C. ne approfitta per segnalare che la World Meteorological Organization – stranamente – ha anticipato il comunicato di Copernicus sulle temperature del mese scorso:

  • The figures show that, based on the first 29 days of the month, July 2019 will be on par with, and possibly marginally warmer than the previous warmest July, in 2016, which was also the warmest month ever… Unlike 2016, 2019 has not been marked by a strong El Niño.

Stessa cosa in giugno, per le anomalie grezze rif. Moyhu.

Risultati immagini per climate change debate

(l’oca ringrazia il prof. Archer per la gentile concessione)

Su Nature,  Velle Toll et al. limitano, almeno per gli aerosol rintracciabili alla fonte, le incertezze sull’effetto raffreddante delle nubi a bassa quota inquinate dagli aerosol emessi dalle nostre attività. Contengono gocce più piccole e numerose, ma meno acqua di quelle non inquinate:

  • the observed decrease in cloud water offsets 23% of the global climate-cooling effect caused by aerosol-induced increases in the concentration of cloud droplets. These findings invalidate the hypothesis that increases in cloud water cause a substantial climate cooling effect and translate into reduced uncertainty in projections of future climate.

Rif. il commento di Anna Possner.

Su Science l’editoriale di Marcia McNutt, intitolato “Tempo scaduto, CO2“, ricorda il rapporto Charney chiesto all’Accademia delle scienze dal presidente Carter 40 anni fa:

the committee… assumed that atmospheric CO2 concentrations would reach double the preindustrial values sometime in the first half of the 21st century. They calculated that as a result, the average global surface temperature would increase by 3° +/- 1.5°C, with the greatest warming at high latitudes—the first assessment of its kind.

Herton Escobar denuncia le bufale di Bolsonaro sulla deforestazione in Amazzonia; nel Policy Forum Guy Pe’er e decine agronomi denunciano la Politica agricola comune (PAC) della UE che non tiene conto del Trattato di Lisbona e dell’obbligo di ridurre i danni ambientali dell’agricoltura e i cui tentativi di “greening” hanno solo sprecato soldi.

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Jon Cohen è il curatore e l’autore dello speciale, in open access, sulla “rivoluzione” in Cina della tecnica Crispr-Cas per la “redazione del genoma” di piante alimentari e di animali, umani compresi. Due articoli riguardano le gemelle create da He Jiankui nella “cerchia di fiducia” dei suoi colleghi americani e cinesi; e “l’ombra lunga dello scandalo” che si è allungata solo sui ricercatori cinesi.
Ricordo che fra gli scienziati americani che hanno gridato allo scandalo è ripresa la battaglia legale e a “palate di fango” sui brevetti Crispr-Cas anche per la redazione del genoma umano”…

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La squadra delle pulizie non va in ferie
Leonid Schneider ha pubblicato l’articolo di un volontario non scienziato che racconta i suoi primi sei mesi e come ha imparato a identificare immagini manipolate. Oggi è comparso un lungo commento di Mike che gli dice di smetterla perché solo gli scienziati possono criticare altri scienziati, e che non lo fanno perché

  • they are human like you and they do everything to have a good life, and personally I believe if this shit hole that you call it science is the only way to have a better life, cheating on papers is just being generous to this corrupt society and they are really respectable if they don’t steal things or don’t murder people.

Rubano fondi, tempo e posti di lavoro a ricercatori onesti e in biomedicina assassinano pazienti, mais glissons:

  • Fortunately, I truly believe that 99% of scientists don’t give a shit to your thoughts at all, and that’s a good sign I believe, that your geeky thoughts are abandoned by the scientific society as general. 

Fortunatamente, i netturbini su PubPeer e altrove sono scienziati, mais re-glissons:

  • I introduced PubPeer to a scientific community, which they classified themselves as a community that have a really high standards in research integrity. They were like what the fuck are you talking about?! 99% of them said they don’t give a shit to PubPeer or whatever shit hole you use for post-publication review.

Mike frequenta solo delinquenti o, come gli scrive Rex Rictor, soffre di un disturbo della personalità e dovrebbe consultare uno psichiatra?

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Boycott Oncotarget
L’avvocato dei predoni di Impact Journals LLC ha ingiunto a Leonid di “cessare e desistere” di parlare e scrivere di Oncotarget.

Oncotarget è il settimanale escluso due anni fa non solo da Medline, ma anche da Clarivate e quindi priva di Impact Factor. Pubblicarci un paper costa agli autori $3400, non migliora i loro indici ed esistono molte alternative. Se conoscete ricercatori in oncologia, fate passare per favore?
E se usate PayPal e vi crescono 5 euro, potete aiutare Leonid a pagarsi le spese legali per favore?

3 commenti

  1. Tanto i deniers non si fanno problemi a ripetere all’infinito anche le ipotesi ampiamente smentite..
    Con loro è tempo perso.

I commenti sono chiusi.