Prediche del giovedì

A volte Nature sembra il bollettino delle Ong. Solo nel numero di oggi fra editoriali, World View e Research Highlights, ho trovato sei esempi che sembrano scritti da Ong nazionali e internazionali. Metto una o due “firme” per non esagerare, ma potete aggiungerne altre. Meno AWIS e Alliance for Justice (Climate Justice è un caso a sé) sono di associazioni che cercano di fare il possibile per i profughi in Siria, qui e in Turchia, Iraq, Giordania e Libano. E molto altro.

Al vostro buon cuore…

Poi leggo i paper e semmai racconto quelli che mi son piaciuti. Me la prendo comoda, da pensionata non devo più fare la rassegna della stampa scientifica ogni settimana.

***

Un “ricercatore” impressionante, VII puntata
Come gli italiani sanno ormai, sono mesi che metto alla “gogna mediatica” il “Gentile dr. Mariutti” sul blog “meno numeroso” (del suo?). Le sue affermazioni su “sacerdoti del clima”, anti-capitalisti e ambientalisti pronti a sacrificare i poveri su un altare dei pannelli solari o sotto una pala eolica sono smentite dai fondatori e dai primi aderenti di Climate Justice Now.

Climate Justice e questo post mi sono venuti in mente grazie a un commento di Paolo C., e allo sforzo immane compiuto da Noah per trovare climatologi anti-capitalisti. Nella VI puntata, ricopiavo frasi del “Gentile dr. Mariutti” che mi ricordavano… mi ricordavano… frugavo nei neuroni invano.

Al Gentile prof. Bardi  dicevo, l’altro Gentile scriveva che accetta “umilmente il consensus” sul clima. Non è vero, per cui aggiungeva

  • Sarebbe il caso che quando si parla di sostenibilità economica, politica o di comunicazione i climatologi facessero lo stesso con quegli scienziati che sono competenti in quei settori. Fatevi aiutare.

Non era la prima volta che si candidava a “scienziato competente”. Il 21 giugno scorso alle 2 di notte, forse per spiegare le figuracce in termodinamica e il rifiuto di dire come calcola un EROIE (h/t Paolo C.), il laureato in storia antica con un master in geopolitica – da qui le difficoltà nel distinguere tra euro e dollari, costi e investimenti ecc. – si rivelava un esperto. La sua competenza sta nell’organizzare i segretariati delle Convenzione dell’ONU, in specifico quello che deve pubblicare valutazioni della letteratura scientifica riguardante i vari aspetti dei cambiamenti climatici.
‘Tenti al rimmel.

  • d) ho passato l’ultimo mese esattamente a studiare la struttura dell’IPCC e i suoi meccanismi decisionali. A vagliare i curriculum.

Prima colata di rimmel. Aveva appena chiesto a Stefano Caserini come mai era diventato revisore di un rapporto IPCC, e non David Keith malgrado curriculum ben più brillante. (Keith è un “lead author”…). Aveva “vagliato” due cv in tutto, e voleva lo stesso far credere che nello stesso mese di “studio” aveva vagliato i cv di migliaia di autori e decine di migliaia di revisori:

  • E ho potuto notare che: non esiste un team dedicato al risk management, al contrario di qualsiasi struttura complessa

Seconda colata: nei rapporto IPCC gli esperti di gestione del rischio sono distribuiti per tema.

  • non è prevista una valutazione professionale della sostenibilità politica;

Se intende dire che dei politici verrebbero rieletti o meno nel caso decidessero qualche intervento, è vero: l’IPCC non fa sondaggi.

  • i wg non sono interdisciplinari;

Come studente è proprio negato. Sono tutti interdisciplinari. Il Working Group I si occupa delle scienze del clima, un’ottantina di discipline. Il WG II di “impatti, adattamento e vulnerabilità” cioè di gestione del rischio e di sostenibilità socio-economica delle opere di adattamento. Il WG III, quello di David Keith, valuta efficacia e costi/benefici dei progetti per ridurre le emissioni di gas serra (“mitigazione”). Dentro c’è un misto di ingegneri, ecologi, economisti, agronomi, esperti di foreste, di catene trofiche negli oceani, di sicurezza alimentare… è il più meticcio di tutti, insomma.

  • chi decide è sempre un climatologo/scienziato ambientale, anche sul fronte delle misure di contrasto (che, se di natura attiva, non hanno nulla a che fare con la climatologia) 

Nel WG I per forza. Negli altri due “decidono” gli autori in base alle rispettive competenze in agronomia, risorse idriche, sistemi sanitari, urbanistica, tutela del territorio, sicurezza alimentare, diritto internazionale ecc.

  • e che, ma qui le chiedo conferma perché ho trovato riferimenti vaghi e sporadici, non viene utilizzato nessuno standard internazionale per definizioni e modelli (tipo ISO etc).

Da Rita Pavone del clima, confermo che le pubblicazioni di enti dell’Onu usano unicamente standard internazionali quando e dove esistono. Per ora non esistono standard ISO per cattura della CO2 dall’aria, gestione della radiazione solare, fertilizzazione degli oceani, estensione delle foreste e altre forme di mitigazione.

  • Quindi, una struttura assolutamente inadeguata rispetto alla mission.

Così dice lei.”

  • E sì, sto preparando un paper sul tema. Segnalerò con molto piacere.

Non vedo l’ora.