Su Wired, Stefano Dalla Casa prevede che “L’epidemia da coronavirus Sars-CoV-2 in Italia sarà un caso di studio per comunicatori e scienziati sociali per molto tempo”. Non so come se la cavi lui con l’infodemia, io non ho mai dovuto comunicare così tanto.
Mi tocca fare gli straordinari.
Di solito non ho visto l’ultima ciarlataneria, che sciacalli, che vergogna, ma perché nessuno controlla. In realtà qualcuno controlla, i carabinieri segnalano le truffe oltre a reprimerle, e i social sono pattugliati 24/7 da cacciatori di bufale con i contro-fiocchi (i cacciatori).
Il mio problema è l’infodemia a sfondo scientifico. La vedo solo a metà quando mi va bene e la faccio troppo complicata quando mi va male.
Sono calate le emissioni cinesi di CO2, ma non vedo dove sta la soluzione alla crisi climatica. Rinchiudere in casa milioni di persone? No, grazie. Se serve un esempio di yes we can, basta che ci sia la volontà politica, preferisco le Olimpiadi di Pechino.
Ho presente il riscaldamento globale, non che renda contagioso il Sars-CoV-2. Il degrado climatico fa male alla salute, come no, c’è una letteratura sterminata in materia. Forse conviene tenerne conto prima di pensare che nella natura tornata vergine i virus diventino tutti buoni.
O prima di applicare modelli di rischi climatici ai rischi epidemiologici.
I secondi sono ancora più difficili da spiegare dei primi perché sottendono le misure di contenimento e le giustificano. A parte lavarsi le mani e non starnutire in faccia al prossimo, irritano o insospettiscono quasi tutte le persone con le quali mi capita di parlare. A giorni alterni le trovano tardive e ridicole, esagerate e insufficienti.
Le rispettano – almeno così dicono – con un’insofferenza che sta crescendo insieme all’epidemia, mi sembra. Bastava invece … (inserire il provvedimento che non richiede alcuna rinuncia). Bref, i modelli sono tutti sbagliati.
Bella scoperta.
I coefficienti di altre epidemie vengono applicati ai dati disponibili per quella in corso, il tempo di creare il modello, analizzarne le proiezioni, scrivere l’articolo e pubblicarlo, i dati iniziali sono già cambiati. I risultati sono esempi di probabilità, validi quanto il metodo usato per stimarle, non sono previsioni.
Perfino Asimov aveva ammesso che la psicostoria non funziona. Gli servivano robot capaci di modificare la mente dei decision-maker umani prima che sterminassero la propria specie.
Con amici ricercatori, da giorni discutiamo di percezione del rischio (esiste una letteratura sterminata bis), ruolo dei media (pessimo per definizione), annessi e connessi. In maggioranza pensano che in caso di pandemia è immediata, tutti ubbidiscono appena le autorità dicono “I want you to panic”.
Mentre per gli eventi meteo-climatici estremi che già si moltiplicano…
Penso anch’io che la discussione sia utile, che ogni crisi dovrebbe insegnare qualcosa alla polis, darle un senso di responsabilità, cambiarne le abitudini e le decisioni. Però ai tempi del coronavirus ci rimettono tutti, perfino BigPharma che importa gli ingredienti base dalla Cina.
Potrebbe insegnarci qualcosa, ma non succede. Ci sono migliaia di profughi alla frontiera fra la Turchia e la Grecia dopo miliardi spesi e guadagnati in armamenti, e altrove quante sono oggi le vittime di altre catastrofi evitabili?
Fra mezz’ora mi passa, c’è la video-riunione di Action Aid per aggiornare i soci sui piccoli miracoli compiuti l’anno scorso dai volontari.