Cure presidenziali e pozioni magiche

Prima che l’Italia dichiari guerra agli USA perché Trump ha deciso di comprare tutto il remdesivir prodotto da Gilead, vorrei precisare che, contrariamente a quanto dicono oggi i media, non è “IL farmaco anti-Covid“.

Stando ai risultati preliminari dell’esperimento in doppio cieco e randomizzato, in media riduceva a 11 giorni il ricovero dei pazienti affetti da covid-19 che ricevevano ossigeno, mentre quello dei pazienti nel gruppo placebo durava in media 15 giorni.
Meglio di niente,

  • Tuttavia data l’elevata mortalità nonostante l’uso del remdesivir, è chiaro che il trattamento con soltanto un farmaco antivirale sarà probabilmente insufficiente.

Ricordo che su ordine di Trump, in maggio il governo USA aveva comprato milioni di dosi di idrossiclorochina per le quali non trova più clienti. Tra poco potrebbe fare altrettanto con un altro antimalarico.

“La pianta miracolosa”
In aprile Andry Rajoelina, presidente del Madagascar, ha deciso che la tisana di Artemisia annua chiamato Covid-Organics cura il covid-19. Dopo molti tentennamenti, a fine maggio l’Oms l’ha inclusa nei trial “Solidarity”, però sconsigliandone l’uso finché non si conosceranno i risultati.

Nel frattempo erano stati messi in commercio prodotti analoghi che l’Agenzia francese per il farmaco ha dichiarato inaffidabili e pericolosi il 4 maggio. Sarà stato “probabilmente insufficiente” perché il 20 giugno l’Accademia francese di medicina ha

  • sconsigliato formalmente l’uso sconsiderato di tisane o decotti a base di Artemisia, sotto qualunque forma, come trattamento della Covid-19, finché protocolli terapeutici rigorosamente codificati e scientificamente convalidati non avranno fornito prove della loro efficacia ed innocuità.

Dopo alcuni studi ritrattati e/o ridicoli, l’intraprendente Peter Seeberger, professore di chimica alla Libera università di Berlino e direttore dell’Istituto Colloidi e Interfacce del Max Planck annunciava il 15 giugno l’imminente pubblicazione delle prove dell’efficacia antivirale di tè e caffè a base di A. annua e altri ingredienti della medicina tradizionale cinese.
Un “riposizionamento” fulmineo.

Il 3 giugno era uscita la notizia che tè e caffè venivano sperimentati contro il tumore alle ovaie in un trial condotto da oncologi dell’università del Kentucky in collaborazione con ArtemiLife Inc. (la filiale di ArtemiFlow, una spin-off del Max Planck). ArtemiLife vende on line i prodotti senza indicazione terapeutica. Avrebbero benefici per la salute in generale nonostante le avvertenze inquietanti sulla loro tossicità.

Il 24 giugno le prove sono state pubblicate in un comunicato stampa messo sul sito della Libera università di Berlino (FUB) – e reiterate in una conferenza stampa. Miracolo: la grappa di A. annua al caffè era più attiva di quella al tè nel proteggere dall’infezione cellule polmonari di scimmie coltivate in vitro.
Un progresso altrettanto fulmineo del riposizionamento: il mese prima Seeberger dichiarava alla stampa che le grappe non proteggevano le cellule dall’infezione, ma forse ne modulavano la risposta immunitaria.

Sempre il 24 giugno, un com. stampa dell’università del Kentucky annunciava che gli stessi oncologi di prima stavano avviando un trial di fase 1/2  – con volontari diversi, presumo.

Leonid Schneider aveva espresso un lieve scetticismo con il tatto che lo contraddistingue e che il prof. Seeberger non aveva preso bene. Per farsi perdonare, ha guardato meglio le foto della conferenza stampa, approfondito il tema e fatto un paio di domande agli uff. stampa del Max Planck e della FUB…
Bref, oggi è addirittura en-tu-sia-sta.
Non rivelo il perché, aggiungo solo che altri lo sono altrettanto.

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“Come fosse antani”

In una TedX Talk, il caro Teodoro Georgiadis – un tempo della troupe dell’alt.uff. delle FF.AA. – ha proposto cause alternative al raffreddamento globale in corso dal 2014 o dall’anno scorso o dal prossimo. Particolari da Climalteranti.

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O’s digest – Nature

Un editoriale è dedicato al paper di Guido Ceccherini, Giacomo Grassi – dei Climalteranti, complimenti anche ai tuoi colleghi! – et al. del Joint Research Centre europeo, a Ispra.
Nelle immagini satellitarie delle foreste, nel 2016-2018  hanno trovato che in 26 paesi europei la loro superficie è passata da 0,76 a 1,13 milioni di ettari, un aumento dovuto per metà a Svezia e Finlandia. E anche

  • un aumento della superficie sfruttata (49%) e della perdita di biomassa (69%) in tutta l’Europa per il periodo 2016–2018 rispetto al 2011–2015, con grandi perdite nella Penisola iberica e nei paesi nordici e baltici.

E’ soprattutto il risultato di una “espansione del mercato” internazionale della legna, anche come bio-combustibile, scrivono.

Uno dei problemi è che gli alberi ripiantati ci mettono decenni a crescere e sequestrare altrettanta CO2 di quelli adulti (old-growth forest) che sostituiscono. Stando all’editoriale

  • The EU also has a target to double its share of low-carbon and renewable energy to 34% from 2015 to 2030. The European Parliament agreed that the burning of wood could count towards this target. But if wood were to supply even 40% of the extra energy, that would mean burning all of Europe’s existing harvest, profoundly threatening the world’s forests.

La buona notizia è che la Commissione europea ha chiesto ai ricercatori del JRC di creare un osservatorio permanente delle foreste i cui dati saranno pubblici e continuamente aggiornati, invece di aspettare che ogni paesi decida di misurare “manualmente” l’estensione delle proprie. Tra l’altro, molti non lo fanno neanche ogni decennio perché costa troppo. E come al solito “no data, no policy”.

L’altro editoriale è sullo stesso tema perché riguarda le estinzioni di massa: come si sa, le foreste da sfruttamento (in inglese “harvesting”: mietitura!) ci contribuiscono, essendo delle monoculture.

L’anno prossimo a Kunning, in Cina, il vertice della Convenzione per la biodiversità dovrebbe darsi un obiettivo semplice e chiaro al posto dei 20 concordati a Nagoya nel 2010, nessuno dei quali è stato raggiunto.

Su Science il 12 giugno, Mark Rounsevell et al. hanno proposto di limitare le estinzioni “ben sotto 20 specie/anno per 100 anni”.  Sul modello “ben sotto i 2 °C” per il riscaldamento globale. Ma non c’è stato un processo di valutazione delle ricerche su come riuscirci, rare da quel poco che ho visto. Sarebbe comunque un obiettivo poco ambizioso:

  • Venti estinzioni/anno – su quasi 2 milioni di specie note [e forse 8 milioni ignote] – è dieci volte il tasso naturale di due estinzioni/anno prima che gli esseri umani ci contribuissero decisamente. Ma è notevolmente più basso delle stime per le estinzioni attuali, che superano di oltre mille volte il tasso naturale.

2 commenti

  1. Oddio, speriamo che l’Artemisia non evochi AleD… ! Si è ripresentato ieri sul blog di Salvo Di Grazia per insultare. È incredibile come non riesca a stare lontano da luoghi virtuali che dice di disprezzare. Servirebbe il consulto di uno bravo.

    1. Mammiiinaaaa?!,
      non sono brava in niente, ma secondo me AleD è masochista, cerca di farsi maltrattare e di solito ci riesce.

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