Sanità globale

Tra maggio e ottobre – l’inverno nell’emisfero sud per gli epidemiologi – circa quattro australiani e neozelandesi su cinque che rispondono al sondaggio dei rispettivi ministeri della sanità, dicono di aver avuto i sintomi dell’influenza. Quest’inverno sono lo 0,4% – scrive l’Economist.

In Australia, tra maggio e metà agosto 2015-2019, in media 86 mila australiani risultavano positivi al test per l’influenza e ne morivano 130. Nello stesso periodo del 2020, i positivi sono stati 627 e le vittime una sola.

Succede anche negli altri paesi dell’emisfero sud che trasmettono i dati all’Organizzazione mondiale della sanità: Argentina, Cile, Nuova Zelanda, Paraguay e Sudafrica. In Cile tra giugno e agosto, i morti di Covid-19 sono stati 9.800, ma solo circa 8.800 in eccesso rispetto alla media del 2015-2019, una differenza attribuita alle misure di prevenzione.

I “costosi lockdown” imposti dai governi locali per rallentare la diffusione del Covid-19

  • sembrano anche aver fermato, inavvertitamente, la diffusione di un’altra malattia letale.

Oggi su Nature, c’è un rovescio della medaglia: l’aumento “dramatic” in molti paesi ricchi e poveri dei bambini nati morti, scrive Clare Watson, perché durante la gravidanza le donne non avevano accesso alle cure.

Sono diminuiti anche morti e feriti per incidenti stradali e aumentate le vittime di infarti ecc. C’è chi azzarda bilanci dei “costi” economici e umani delle varie forme di lockdown e di prevenzione, a volte per motivi elettorali. Sarebbe meglio evitarli a pandemia in corso, trovo, anche perché ignorano i malati di Covid-19 “lungo” e a volte affetti da sintomi neurologici, di cui parla Michael Marshall.

Quanto ai vaccini che potrebbero prevenire l’epidemia e le sue conseguenze, nelle news di Nature ci sono due articoli che meritano.

I ricercatori protestano contro la mancata trasparenza con la quale il trial Oxford-AstraZeneca è stato sospeso e poi è ripartito, dicono David Cyranovski e Smriti Mallapaty. E la “grande firma” Alison Abbott riassume la storia della Note of Concern di Enrico Bucci et al. sui risultati preliminari del vaccino russo, pubblicati da Denis Logunov et al. sul Lancet.

Oltre al parere di altri “preoccupati” che insistono sulla necessità di pubblicare subito i dati grezzi, ha raccolto nuove informazioni (per me che non so il russo, ma Leonid Schneider potrebbe averne parlato nei suoi tweet):

  • Il primo autore russo del paper, Denis Logunov al Gamaleya di Mosca, il Centro nazionale di ricerca in epidemiologia e microbiologia, non ha risposto alla richiesta di commenti da parte dei giornalisti di Nature. Ma aveva detto al sito di notizie Meduza che non intendeva rispondere alla lettera aperta. Negava che ci  fossero errori nella pubblicazione e affermava che i livelli degli anticorpi misurati erano “esattamente quelli presentati” nelle figure. Aggiungeva di essere in contatto con il Lancet e “pronto a chiarire qualunque problema”.

Guarda caso, il Lancet ha rifiutato di commentare “la propria posizione” su come vanno forniti i dati dei trial di cui pubblica i risultati.
(Sul suo sito, c’è scritto che è obbligatorio indicare nell’articolo come e dove saranno accessibili. Quelli del vaccino Oxford-AstraZeneca lo sono infatti. Ma per il vaccino russo, bisogna mandare una “proposta” a Logunov che semmai la approverà –  come nel caso dei dati sull’inefficacia dell’idrossiclorochina che erano stati inventati di sana pianta, altro falso targato Lancet.)

Avrei voluto sentire la telefonata tra Alison e Richard Horton, forse sarà servita a qualcosa perché la rivista ha fatto sapere che

  • ha invitato gli autori dello studio sul vaccino russo a rispondere alle domande sollevate da Enrico Bucci nella lettera aperta.

Non solo da lui, comunque Logunov dice all’Agenzia Reuters che Horton glielo aveva scritto.
Immagino che Enrico Bucci sia molto impegnato in questi giorni, però su Cattivi scienziati dovrebbe mettere una rassegna della stampa internazionale… I pingback non son mica roba seria.

*

Accid… m’è caduta la mascella. Per la prima volta nella sua lunga vita (175 anni), Scientific American appoggia un candidato alle elezioni presidenziali:

  • Quest’anno ci siamo costretti. Non lo facciamo a cuor leggero.

Su Twitter, i trumpisti sono furenti. Da quello che dicono alla direttrice, dubito che a) abbiano letto l’editoriale; b) un solo numero della rivista.

2 commenti

  1. A proposito di sanità: questo grafico è molto interessante. Incrocia le variabili “declino economico nel secondo trimestre del 2020” e “rateo
    delle morti confermate per COVID-19”. E ti dice che finora non vi è alcuna evidenza di una correlazione inversa (ancorché intuitiva) fra la protezione della salute delle persone dal virus e la protezione dell’economia. Anzi. Con le dovute eccezioni, laddove il declino economico è stato maggiore, il virus ha fatto più morti (es. Spagna, Perù, UK) e viceversa (es. Taiwan, Corea del sud, Lituania).
    Lo stesso potrebbe valere per il cambiamento climatico. È più economica la prevenzione sul lungo termine che la riparazione dei danni causati.

    1. grazie Steph, interessante sì – e provvisorio. Il confronto sarà difficile anche a pandemia terminata, secondo me, ci sono troppi confounding factors.
      Lo stesso potrebbe valere per il cambiamento climatico. È più economica la prevenzione sul lungo termine che la riparazione dei danni causati.
      Epidemiologi e climatologi in coro: “we told you so”.

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