Natale anticipato

Numero doppio di Nature e speciale gratis  con le notizie più importanti, i papers più letti, le immagini più belle, altro ancora “dell’anno” e  – ciliegina sulla torta se così si può dire – il quiz dell’anno su “Faeces, Cheese, Sperm, Doodle”. British humour, I presume…
Nelle notizie, il seguito dell’incidente di Nature in materia di peer-review:  altro tentativo fallito, in Giappone, di derivare cellule staminali pluripotenti stressando cellule già differenziate, con il metodo pubblicato in gennaio da autori giapponesi, in due papers  poi ritrattati.
E’ fallito anche il primo tentativo di replicare i risultati di una ricerca pre-clinica sugli effetti di un peptide contro la leishmaniosi bovina, fatto dalla Reproducibility Initiative. Gli autori della ricerca avevano scelto di farli verificare,  dopo che dei colleghi avevano ottenuto lo stesso effetto solo decuplicando la dosi. I metodi e materiali non erano spiegati in maniera adeguata nel paper originale, dicono i “replicators”, come succede spesso in bio-medicina. Hanno dovuto anche superare la difficoltà che riguarda tutti i risultati negativi:
Even though the validation team had specifically agreed with PLOS ONE to publish the study there (a pagamento), one referee recommended that the journal not publish the paper, Iorns says ruefully. “The referee rejected it because it was a replication and didn’t contain any novel work.”
Forse “one referee” non l’aveva letto bene.
Continua il “diario Ebola” di Erika Check Hayden, ieri e oggi sugli aspetti culturali… C’est pas gagné, come diciamo noi.
Editoriale di Michelle Mello et al. su PLoS Medicine su come gli ospedali privati (healthcare providers, HCPs) americani possono aiutare i dipendenti che vanno volontari in Africa Occidentale:
institutions could fulfill their ethical responsibilities to contribute to the fight against Ebola in different ways. Some hospitals might step forward as primary centers of care for Ebola patients domestically while others focus on facilitating HCPs services’ abroad. However institutions choose to address these responsibilities, it is heartening that there are HCPs who wish to provide care in West Africa. This heroism is remarkable and reflects a deep humanitarian instinct. It calls for validation, not discouragement, by healthcare institutions.
Già, ma assumere personale in sostituzione dei volontari e pagare a quest’ultimi un’assicurazione sono spese, poi cosa diranno gli azionisti?  Non hanno mica finanziato un’opera pia …
Vista l’attualità e che sono in tema di  morale pubblica e privata, raccomando questo saggio di Michael O’Hare e ricordo la campagna contro la tortura di Physicians for Human Rights.

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Ieri all’AGU, la NOAA ha presentato  l’Arctic Report Card 2014. C’è maretta attorno al titolo del com. stampa ripreso dai media, perché l’Artico si riscalda due volte più rapidamente del tasso medio globale, “di ogni altro posto al mondo” è sicuramente esagerato. Rif. per esempio:
Average temperatures Europe

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Anche la faccenda di Pietro Anversa, della sua ditta e del suo lab a Harvard sembra non dovere finire mai… Be’, adesso che l’hanno confermato i suoi legali, almeno si sa che i risultati ottenuti con la trasfusione di staminali erano stati falsificati.
 

5 commenti

  1. In effetti il titolo, che pare più che altro un sottotitolo, potrebbe essere frainteso.
    Ma basta un poco di diligenza per andare a capire cosa intendano gli specialisti del NOAA
    ossia che, grazie (o per colpa di) all’ amplificazione artica le T oltre i 60N non rmostrano affatto
    lo slowdown globale di inizio millennio che si vede bene anche (linea rossa) nella di fig 1.1 (“resto del mondo” contro artico)
    http://www.arctic.noaa.gov/reportcard/air_temperature.html
    “The global rate of temperature increase has slowed in the last decade (Kosaka and Xie 2013), but Arctic temperatures continued to increase, such that the Arctic is warming at more than twice the rate of lower latitudes as is evident in Fig. 1.1.”

  2. @alberto
    D’altra parte, se scindiamo per fascia latitudinale e stagione, scopriamo che lo slowed global rate of temperature increase di inizio millennio è imputabile essenzialmente al raffreddamento della stagione invernale della terraferma dell’emisfero boreale, soprattutto nel cuore del continente asiatico. Farei anche notare, en passant, come nell’artico europeo il segnale del riscaldamento al di sopra del rumore di fondo è comparso piuttosto tardi, rispetto ad altre regioni dell’Europa (continente che si è pure scaldato parecchio, come già detto nel post), anche se la sua intensità non ha paragoni. Il trend secolare nell’artico non è così forte e fino agli anni ’90 era all’interno del range di variabilità naturale osservato nell’ultimo secolo, poi è comparsa l’amplificazione artica.

  3. Interessante quanto riportato da steph. In effetti visto il fenomeno dell’ amplificazione artica ed il fatto che le T medie globali sugli oceani sono state meno variabili se non sbaglio rispetto a quelle sulla terraferma, anche senza riferimenti precisi alla letteratura mi pare del tutto ragionevole che sia l’ emisfero boreale (con una percentuale di terre emerse ben superiore a quella australe) il luogo principale in cui si è verificata la fluttuazione di breve periodo globale.
    Riguardo all’ Artico quello che è certo dalla fig 1.1 è che le fluttuazioni di periodo molto breve (qualche anno) sono molto più ampie rispetto a quelle registrate sul resto del pianeta.
    Segnalo che è appena uscito un articolo su SkSc che fa un po’ il punto della situazione, raccogliendo i diversi aspetti del puzzle climatico di questo inizio millennio.
    Noto che con piacere che l’ articolista distingue tra andamento del riscaldamento globale (il quale si è accelerato anche nel breve periodo) e andamento delle temperature superficiali (il quale al contrario, per la gioia dei “facinorosi del clima” ma pure come dato di fatto, si è decelerato).
    http://www.skepticalscience.com/Record-Breaking-Sea-Surface-Temperatures-in-2014-Has-the-Climate-Shifted.html
    L’ ho detto altre volte e mi ripeto, purtroppo mentre i cosiddetti scettici sono patologicamente fissati con le T superficiali globali come predominante se non unico indice climatico complessivo, i divulgatori scientifici non hanno fatto abbastanza per correggere questa visione unilaterale e spiegare che il GW si capisce meglio se si ragiona in termini di energia/calore (con degli effetti ANCHE sulla temperatura, ma non solo) piuttosto che di temperatura.
    (ripeto il commento, perché non sono sicuro che il primo sia passato)

  4. @alberto
    “L’ ho detto altre volte e mi ripeto, purtroppo mentre i cosiddetti scettici…i divulgatori scientifici non hanno fatto abbastanza…”
    Nelle vicende recenti (con tanto di gossip e derive complottistiche & C), è da circa un decennio (almeno) che il buon Kevin Trenberth (e non solo lui) si sgola nel rilevare e ribadire questa cosa. Il suo auspicio è quello di riuscire ad intercettare di più e meglio i flussi di energia all’interno del sistema climatico. In un decennio, si notano miglioramenti, in questo senso. Anche se ovviamente si può sempre fare meglio.

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