Stranezze

AleD ha idee strane sugli effetti del riscaldamento globale, sui media e su molto altro.

E’ chi strombazza sul catastrofismo climatico che deve spiegare perché la nostra vita peggiorerà! Farebbe parte dell’argomentare il problema, o sbaglio? Quindi, prego, rispondere. Se la risposta è no, la nostra vita non peggiorerà, beh, allora c’è qualcosa che non torna. E si chiamerebbe procurato allarme, se non sbaglio…

Sbaglia alla grande. L’unico “catastrofismo climatico” secondo il quale la sua vita peggiorerà è “strombazzato” da chi annuncia un’era glaciale entro il 1999 (omissis), 2014, 2015, 2016 “anno di gelo polare in Italia” o dopodomani con eruzioni vulcaniche, terremoti e tsunami.
Su questi procurati allarmi AleD non ha nulla obiettare. In compenso ripete una bufala cara a BigOil & Coal:

Perché per aiutare il terzo mondo e le popolazioni in difficoltà ci sono altri metodi un attimo più efficaci e meno costosi rispetto alla demonizzazione dei fossili e alla spinta verso la green-ECONOMY che, notare le maiuscole, è una questione di economy cammuffata da amore per il pianeta e bla bla bla vari.

Fra “le popolazioni in difficoltà”, l’economia è verde da sempre: si basa sulla riduzione degli sprechi, il riuso e il riciclaggio non per scelta ma per forza maggiore. Finora nessuno ha proposto una “green-ECONOMY” che sostituisca questi “metodi” usati anche negli interventi non profit, per forza maggiore e con notevole efficacia.
AleD non riesce a vedere il primo grafico sotto il quale commenta, eccone uno più grande:

Extreme poverty projection by the world bank to 2030

fonte

I cambiamenti climatici miglioreranno l’economia dei paesi più freddi e dei paesi europei più ricchi. Stando all’Economist sono ben più preoccupanti l’invecchiamento della popolazione, la disoccupazione o il precariato giovanile, l’inquinamento urbano che costa un patrimonio in sanità e fa perdere troppe giornate di lavoro, l’illegalità o la corruzione.

Ma come tutti sanno dai tempi di Aristotele se non da prima, ambiente, meteo e clima condizionano le attività economiche.

Un anno e rotti fa, avevo segnalato questo paper del famoso Salomon Hsiang di UC Berkeley et al. su Nature. Da prendere con il solito sale perché era il primo del suo genere, secondo me, anche se l‘Economist era entusiasta. Faceva seguito a quello uscito su Science. Da allora le conclusioni sono state discusse e citate, ma non smentite:

overall economic productivity is non-linear in temperature for all countries, with productivity peaking at an annual average temperature of 13 °C and declining strongly at higher temperatures. The relationship is globally generalizable, unchanged since 1960, and apparent for agricultural and non-agricultural activity in both rich and poor countries. These results provide the first evidence that economic activity in all regions is coupled to the global climate and establish a new empirical foundation for modelling economic loss in response to climate change

Nel 2015, la temperatura media globale era di 14,8 °C.

La produttività non dice nulla sul reddito dei produttori e sul loro benessere o meno. Il Bhutan è un paese povero dove la gente afferma di stare benissimo. Succede il contrario nei paradisi fiscali dei Caraibi che hanno un PIL ragguardevole grazie ai servizi finanziari di pochi specialisti ad altissimo costo, o nei paesi del Golfo che producono solo petrolio e sfruttano emigrati a basso costo.

Combinazione, ieri radioprozac citava un articolo della MIT Technology Review che ripubblica alcune mappe e grafici di Hsiang.

Sul sito della Tech Review, la mappa è interattiva: se cliccate su un paese, compare la variazione del PIL stimata tra il 2030 e il 2099 (barra a destra) rispetto a quella stimata in assenza di riscaldamento globale.

Spoiler alert: piove sul bagnato.

Il motivo della variazione è noto da 60 anni, cioè da quando ci sono dati abbastanza omogenei sui costi – anche in vite umane – dei picchi di caldo. Qui trovate quelli di agosto 2003 in parte dell’Unione Europea a cura dell’UNEP.

Detto questo, la frequenza crescente dei picchi di caldo è solo uno degli effetti dovuti alla maggior concentrazione di gas serra in atmosfera. Per le conseguenze in Italia e come rimediare, rif. il rapporto 2015 dellISPRA e il piano del governo.

I governi chiedono – e finanziano – modelli economici, epidemiologici, ecologici, idrogeologici ecc. per prendere provvedimenti che ne smentiscano le proiezioni negative. Basti pensare alle rese agricole previste in calo negli anni ’70 a causa dell’aumento delle piogge acide. Invece le rese sono state migliorate da leggi che limitavano le emissioni industriali di solfati, diffusione dei fertilizzanti, meccanizzazione, informazioni meteo specifiche ecc.

Le misure dette di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici hanno tutte lo stesso scopo: risparmiare risorse non rinnovabili e migliorare la salute dell’ambiente e dei suoi abitanti.

AleD è contrario perché è vice presidente di AssoCarboni pure lui?

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Judith Curry abbandona la scienza, scrive Joe Romm a proposito delle dimissioni dal Politecnico della Georgia di una promotrice di pseudo-scienza del clima, nota per l’aritmetica fantasiosa. Secondo me, l’aveva abbandonata nel 2010, data del suo ultimo paper. Da fautrice di più emissioni di CO2 perché secondo lei non è detto che contribuiscano ai cambiamenti climatici, ritiene che i condizionatori siano la soluzione ideale nelle regioni più colpite dal riscaldamento globale:

Does it make more sense to provide air conditioning or to limit CO2 emissions. I vote for more air conditioning in these susceptible regions.

***

Un’altra vittoria di Ilaria “One Health” Capua, questa volta in USA. “Finally” un passo avanti:

Under the Food and Drug Administration policy, antibiotics that have been designated “medically important” — in other words, they’re needed to treat people — cannot legally be given to healthy animals to speed their growth. The policy, three years in the making, required producers of agricultural antibiotics to change labeling on the drugs to make clear they should not be used for so-called growth promotion. All manufacturers agreed to abide by the new rule.

16 commenti

  1. Il passero DOC, quando 22 pazzi diventa stretto – dott. pazzerini è arrivato all’orlo -, emigra verso lidi più caldi.
    Un paio sono approdati su cobraf per continuare a cinguettare la chanson de geste dell’ infaticabile ingengere in filosofia A.R e le sue mirabolanti invenzioni. Altri sono miseramente affogati nella trasvolata verso il continente africano mentre alcuni resistono tenacemente tra amore e dintorni a patto di aver completamente cambiato argomento.

    1. Giustino, peccato però. Quando facevano la réclame alle invenzioni che stavano per salvare l’umanità dalla crisi energetica, climatica e ambientale e l’Italia da quella economica, ci si divertiva.


  2. Le misure dette di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici hanno tutte lo stesso scopo: risparmiare risorse non rinnovabili e migliorare la salute dell’ambiente e dei suoi abitanti.

    Ok, quindi di GW bisogna parlarne in stile gossip come si fa in politica, dovendo ottenere 20 si punta al 100, una strategia commerciale insomma.
    “AleD è contrario perché è vice presidente di AssoCarboni pure lui?”
    Non sono contrario, solo che mi vien da ridere sulle modalità.
    Lei in che classe energetica è? Quanti kWh elettrici e termici consuma annualmente per vivere?
    Le sa leggere le sue bollette?

    1. AleD,
      immaginavo che per lei riviste, dati e rapporti scientifici fossero “gossip”, ma non è l’unica persona che legge il mio blog.
      dovendo ottenere 20 si punta al 100
      Se parla degli accordi sul clima sbaglia di nuovo: i governanti e/o i parlamentari a maggioranza decidono liberamente gli impegni presi in nome del proprio paese.
      Le sa leggere le sue bollette?
      Anche se non sapessi leggerle sarebbe irrilevante. Lei parla di “popolazioni in difficoltà” e del terzo mondo: non ne faccio parte.
      Mi vien da ridere sulle modalità
      Quali modalità?

  3. @giustino: in serenità puoi andare a quel paese, con 22 passi c’entro come i cavoli a merenda. Complimenti per i fiuto.

  4. AleD
    Le misure dette di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici hanno tutte lo stesso scopo: risparmiare risorse non rinnovabili e migliorare la salute dell’ambiente e dei suoi abitanti.
    “Ok, quindi di GW bisogna parlarne in stile gossip come si fa in politica, dovendo ottenere 20 si punta al 100, una strategia commerciale insomma.”
    Uh? Prego, chiarire la strana logica che segue. Se usa il quindi con valore causale, dovrebbe pur riuscire a spiegare la logica che sta dietro alla sua oscura e bizzarra argomentazione.
    Fra l’altro: gli effetti dovuti al (e/o esacerbati dal) cambiamento climatico possono interessare valori patrimoniali sotto forma di rischi climatici fisici. Secondo un rapporto di PRI, Global Compact e UNEP-FI, la presa in considerazione di rischi a lungo termine come i cambiamenti climatici rientra nel dovere fiduciario della diligenza degli investitori. Se tale dovere non è rispettato i danni causati dal cambiamento climatico possono esporre gli investitori a richieste di risarcimento di danni (sotto forma di rischi di responsabilità).

  5. L’ idea che nei Paesi “sottosviluppati” o “in via di sviluppo” la popolazione viva basandosi su un’ economia verde dove abbonda il riuso e il riciclaggio mi ricorda il mito del buon selvaggio e l’ idealizzazione romantica dello stato di natura.
    Durante quasi tutte le mie esperienze in diversi di questi Paesi ho visto tutt’ altro.
    Ed in effetti non ci sarebbe nemmeno bisogno di esserci stati, anche se aiuta, basterebbe far mente locale alle immagine delle megalopoli del secondo e terzo mondo intasate dal traffico ed inquinate come e più delle nostre città “ricche”.
    I grafici, interessanti, mostrati, che da un lato sono incoraggianti perché mostrano una diminuzione in atto da decenni della povertà globale poi mi suggeriscono due considerazioni (non è detto che siano corrette ma sarebbe magari dilettevole discuterne):
    nel primo il punto di svolta all’ impennarsi verso l’ alto del settore verde (ossia del numero dei “non estremamente poveri”) si situa verso gli anni ’50 del secolo scorso, ossia nella massiva introduzione della fetida ambrosia come linfa vitale del sistema energetico/tecnologico mondiale;
    nel secondo il netto trend calante degli “estremamente poveri” (che corrisponde all’ accelerazione del settore rosso nel grafico precedente poco dopo il 1990) è in gran parte dovuta al trend “East Asia and Pacific”, a sua volta dominato dallo sviluppo cinese, realizzato finora in massima parte grazie alla combustione di montagne di carbone.
    Certo tutto ciò non è sostenibile per più di qualche decennio, ma il cambiamento climatico in atto oltre ad essere in gran parte dovuto alla basilare struttura produttiva del mondo tecnico-economico contemporaneo (fondata a maggioranza assoluta sull’ uso dei combustibili fossili e di materie prime non rinnovabili) per quanto denso di rischi e criticità sarà un problema tutto sommato di secondo piano per il futuro di noi scimmioni intelligenti.
    Invece per la maggioranza degli ecosistemi terrestri già modificati dalla nostra presenza invece sarà epocale, in quanto accelererà l’ estinzione di massa già in atto.
    Come consolazione rimane il pensiero che la biosfera è già sopravvissuta ad almeno 5 altre catastrofi globali ed in 0.5 miliardi di anni (per tacere del Precambriano) ha dimostrato sufficiente resilienza.

    1. Alberto,
      nelle megalopoli la popolazione ha accesso all’elettricità, magari abusiva, ma qui stiamo parlando di 2 miliardi di persone senza accesso all’elettricità, quasi tutte nelle zone rurali e di 790 milioni che sopravvivono con meno di $1,9 al giorno, dubito che possano permettere di girare per Lagos o Mumbai in macchina, anche perché sono in prevalenza donne e bambini.
      La migrazione nelle città è stata sopratutto maschile, di più dov’era illegale come in Cina, d’altronde le donne hanno a carico figli, genitori, invalidi ecc., se sono giovani le città sono pericolose. Da vent’anni sta cambiando, i distretti industriali – per es. vestiti a Dacca, smartphone a Shenzen – reclutano ragazze e le fanno dormire in fabbrica. In Africa subsahariana hanno cercato di crearne, senza successo mi sembra.
      Negli anni ’60 nascono anche l’agenzia dell’Onu per lo sviluppo, le Ong contro la povertà, per l’educazione, la sanità, i diritti umani ecc.
      Più che romantica, la mia descrizione della green economy per forza è amara: vivere degli scarti altrui è umiliante.

  6. Oca, sull’ umiliazione di chi vive in miseria ha ragione.
    Solo che non necessariamente coloro che guadagnano meno di 1.9$/day sono umiliati e offesi altrimenti come mostrato dalla zona rossa del grafico al 1820 la sarebbero stati la grande maggioranza dell’ umanità.
    Il fatto è che tra gli 800 milioni di estremamente poveri moderni ci sono anche coloro che se la passano in maniera accettabile e possono anche essere felici perchè ad esempio vivono in una realtà locale pre-industriale con un’ economia non monetaria.
    Ma oltre a questi “forzatamente green” ci sono quelli che vivono stentatamente della black-economy ed il cui unico riciclaggio che possono fare non è certo quello virtuoso dell’ utopistica economia circolare, ma quello degli scarti di produzione e consumo che una massa di poveri esseri umani evidente nelle grandi città del secondo e terzo mondo raccattano drammaticamente per vivere.
    E se vogliamo dirla tutta anche centinaia di milioni di nostri simili che vivono superando di qualche decina di volte la soglia minima (e rientrano nella zona verde), vivono in modo umiliante. E non occorre andare lontano per incontrali, basta fare un giro nelle nostre città del mondo opulento alle mense della Caritas o di analoghe associazioni benefiche.
    Certo ciò non è consolante, ma non lo è nemmeno la prospettiva per i decenni futuri dei 6 miliardi e passa (in crescita) di persone che, come mostrato dai dati da lei raccolti hanno superato la soglia di povertà soprattutto grazie allo sfruttamento di risorse non rinnovabili, i combustibili fossili in primis in maniera davvero i-n-s-o-s-t-e-n-i-b-i-l-e.

    1. Alberto,
      poche migliaia di persone vivono nell’era pre-industriale con una mortalità infantile e la longevità pre-industriali, spero che nessuno chiami virtuosa la loro economia.
      Lei fa l’esempio della Caritas giustamente: pratica una green economy (le 3 R per semplificare) per forza. Il problema è trovare il modo migliore per non sprecare risorse, sfruttarle perché facciano da leva senza creare né dipendenza né umiliazione né conflitti ecc. A volte si sbaglia…
      L’energia da fonti fossili ha fatto calare la povertà assoluta ($1,9, la fame in sostanza) ma stando agli studi comparati che ho visto, hanno contribuito di più i diritti umani, la sanità e l’educazione per le ragazze sopratutto.
      E fra altre buone notizie dove non c’è una rete, cioè dove stanno i 2 miliardi senza accesso all’elettricità, l’uso delle rinnovabili si diffonde sulla scia dei cellulari.

  7. Il fatto è che i diritti umani, la sanità e l’ educazione di ragazzi e ragazze, oltre ad essere valori (almeno per la nostra civiltà), si realizzano nella prassi concreta ossia si basano, come altre attività meno nobili, sul consumo di materia ed energia (in pratica hanno un COSTO, sia materiale che monetario e non vivono solo in base a principi astratti). Per cui la contrapposizione con le fonti che storicamente hanno realizzato il boom economico e demografico dell’ umanità (quelle fossili) non mi pare abbia validità effettiva..
    Riguardo all’ uso delle rinnovabili, che sono una necessità, credo proprio che se oltre a considerare studi comparativi che non conosco (sarebbe interessante che ne linkasse qualcuno) provasse a considerare dove l’ aumento quantitativo di queste si è realizzato più massicciamente nell’ ultimo decennio, troverebbe che non sono i Paesi poveri, ma quelli ricchi (Europa, soprattutto dell’ ovest, USA, Canada etc) e le potenze in via di sviluppo come la Cina.
    Ben vengano comunque le buone notizie, a patto che non servano per eliminare dalla nostra visuale le cattive.

  8. @oca: se riuscisse a trovare e linkare gli studi comparativi citati gliene sarei grato, magari l’ ottimismo per il nostro futuro potrebbe ricevere una motivazione in più.

    1. alberto,
      per i costi e i paesi “trainanti”, trova l’andamento del mercato delle rinnovabili nel World Energy Outlook 2016, a pagamento, o in REN21. Per l’energia off-grid fra i poveri, c’è Dalberg (2015). Per gli investimenti, per esempio UNEP 2016.
      I diritti umani hanno un costo quando sono violati e qualche tribunale impone (succede raramente) dei risarcimenti; che io sappia, in tutto il mondo sanità ed educazione sono considerati investimenti.

  9. La ringrazio oca, sebbene sulle rinnovabili è relativamente facile trovare dati.
    Ero interessato e lo sono ancora a conoscere invece gli studi a cui si riferiva se quando scriveva ” l’ energia da fonti fossili ha fatto calare la povertà assoluta… ma stando a studi comparati che ho visto hanno contribuito di più i diritti umani …” non avendo mai visto studi del genere.

    1. alberto,
      da circa 25 anni tanti programmi delle agenzie ONU o delle Ong internazionali per ridurre la povertà assoluta si basano su o comprendono i diritti umani (“mainstream rights”, compresi quelli civili). E molte Ong fanno rapporti di efficacia comparata per i donatori istituzionali, usando le loro metriche.
      Una delle più diffuse (non l’ideale, secondo me…) è la Poverty and Social Impact Analysis. Trova qualche esempio sul sito, i rapporti delle Ong sono dei donatori e di solito non sono pubblicati.
      Per le agenzie Onu ci sono i rapporti sui Millenium goals, non comparati da qui le critiche iniziali (forse sta cambiando).
      Fra i libri recenti, c’è Economics of Poverty di Ravaillon pieno di dati. Piace parecchio agli economisti del “capitale umano”, ma secondo me sono ben più umani i papers di Esther Duflo o quelli di Janet Currie
      David Landes, Povertà e ricchezza delle nazioni resta un gran bel libro comparato, trovo, in prospettiva storica come quello di Keynes, ma attuale anche per la povertà relativa qui e oggi.

  10. Ringrazio per i link, soprattutto quelli che cercano di analizzare il problema della povertà in una prospettiva storica e razionale.

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