Nel centenario del suo teorema, Emmy Noether era discriminata dalla stragrande maggioranza dei matematici perché non volevano una donna tra i piedi, ricorda un articolo di Nature fra molti altri.
Quasi cent’anni dopo…
Il sito australiano Quillette pubblica articoli provocatori e poco evidence-based. Il 7 settembre, un prof in pensione del politecnico della Georgia, Theodore Hill, ci si lamentava a lungo perché un suo modello di variabilità per selezione sessuale era stato accettato e poi rifiutato dal Mathematical Intelligencer, e poi chiesto, pubblicato e “depubblicato” dal New York Journal of Mathematics.
Il modello, a suo modesto avviso, è la “prova” matematica dell’evoluzione di una variabilità maggiore negli uomini che nelle donne. Poste due sottopopolazioni, B1 con una maggiore variabilità di tratti desiderabili e B2 con una minor variabilità, la popolazione A “seleziona” sessualmente i B1 più desiderabili che generano B1 desiderabili.
E’ l’ipotesi della “greater male variability” – evidente nel pavone e smentita da molte specie di uccelli tropicali parimenti sgargianti – di cui i deterministi genetici cercano la prova quasi dai tempi di Darwin. Il loro problema è che se le femmine non variano i tratti desiderabili e vogliono sempre la coda del pavone più appariscente, dopo tot generazioni i maschi B1 smettono di variare.
Se leggete ogni tanto questo blog, avete già capito dove vanno a parare. Nel corso dell’evoluzione gli uomini sono diventati tutti alti, belli, atletici, intelligenti e miliardari, tratti ereditati insieme al cromosoma Y degli individui P nella coda lunga a destra della curva gaussiana. Il sesso selettivo è quello femminile, le donne praticando da sempre la poliandria e procurando ai figli maschi la dote necessaria per entrare nell’harem di una matriarca o in convento…
La mia è solo una teoria “non applicabile a uno scenario reale”, scrive Hill che non assegna un sesso alle sue popolazioni. Come se ce ne fosse bisogno. Nell’appendice sotto “Evidenza empirica” riporta quasi unicamente ricerche in cui l’eccellenza cognitiva è maschile.
Censura! strepita su Quillette. L’élite liberale è antiscienza! La prof. Amie Wilkison dell’università di Chicago è un’odiosa femminista! Il marito Benson Farb è una mammola che le viene dietro! (Lei aveva osato suggerire a una rivista di pubblicare anche la critica di un esperto di evoluzione.)
Tentativi analoghi di teorizzare la superiorità innata degli uomini hanno sempre suscitato polemiche, Hill ne aveva avvisato la direttrice di Mathematical Intelligencer che ci contava per dare un po’ di notorietà alla testata, prima di cambiare idea.
La censura potrebbe apparire credibile se un anno e mezzo fa Hill non avesse messo il suo paper su arXiv (link all’ultima di otto versioni, le prime firmate anche da Sergei Tabachnikov), il moderatore di arXiv non lo avesse rifiutato per la sezione matematica, e messo nella sezione biologia quantitativa.
Dopo il tam tam sui social per amplificare gemiti e accuse di Hill, sono intervenuti matematici famosi. Terry Tao non entra nel merito del modello, ritiene false alcune delle accuse di Hill, e conclude:
I have published a few papers with NYJM over the years; it is an early example of a quality “diamond open access” mathematics journal. It seems that this incident may have uncovered some issues with their editorial procedure for reviewing and accepting papers, but I am hopeful that they can be addressed to avoid this sort of event occurring again.
Tim Gowers si rimbocca le maniche e fa la peer-review anche se “virtualmente non c’è nulla di matematico” (e se lo dice lui…), elenca assunti rozzi e contraddizioni. Con la solita cortesia. Si stupisce che un articolo così mediocre sia stato accettato dal NY Journal of Mathematics – uno sbaglio che, da direttore di una rivista, ha commesso anche lui, senza “depubblicare” ma spiegando il perché dell’errore:
I don’t think there is a consensus at all that a paper of dubious merit should be unpublished. If editors make a judgment that they then regret, most people, including me, would say that that’s just too bad.
Non è esperto di evoluzione, quindi invita i lettori a correggerlo. Nei commenti, Igor Rivin precisa che ha invitato lui Hill a sottoporre il paper al NY Journal of Mathematics e a occuparsi della peer-review. E’ stata insolitamente breve, tre settimane, perché
the paper… is quite short and does not require a huge amount of background. The referees have had no trouble verifying correctness, and primarily need to assess importance and novelty (which both passed muster).
Dubito che Giulio Valentino dalla Riva (ora tornato all’università di Canterbury) o un suo collega bio-matematico ritenga la “teoria” nuova e importante quanto Hill che ne deriva addirittura programmi per “future” ricerche iniziate mezzo secolo fa.
Ieri in un secondo post, Gowers in parte si corregge, in parte esplicita le implausibilità del “modello-giocattolo” e sintetizza:
what I object to is not the very idea of a toy model, but more that with this particular toy model I have to make a number of what seem to me to be highly implausible assumptions to get it to work. And I don’t mean the usual kind of entirely legitimate simplifying assumptions. Rather, I’m talking about artificial assumptions that seem to be there only to get the model to do what Hill wants it to do. If some of the hypotheses above that seem implausible to me have in fact been observed by biologists, it seems to me that Hill should have included references to the relevant literature in his copious bibliography.
Anche per lo statistico Andrew Gelman,
Hill’s article did not strike me as mathematically deep, nor did it seem politically objectionable in any way.
Ho da obiettare sulla scelta dell’evidenza empirica: se non ci fosse, il “modello-giocattolo” potrebbe essere considerato neutrale. Gelman lo trova privo di originalità, ma gli interessa innanzitutto distinguere i fatti dalle illazioni:
Indeed, the facts of Hill’s story are consistent with the facts of Wilkinson’s and Farb’s story. Here’s what happened. Or, at least, the following is consistent with what was recounted by Hill, Wilkinson, and Farb:
– Hill’s paper was accepted by the Intelligencer and posted online. Wilkinson felt the paper was flawed and suggested the paper be published with a rebuttal. Instead, the journal editor un-published the paper.
– Hill’s paper was accepted by the NYJM in an unusual fashion by one of the journal’s 24 editors. After a review of the editorial process, the full editorial board un-published the paper.
E’ successo pure a Gelman, capisce che Hill ci rimanga male, ma deve prendersela con una direttrice e con un comitato editoriale, esattamente come gli aveva risposto il vice-rettore dell’univ. di Chicago al quale aveva denunciato il comportamento indegno della virago che andava subito punita.
L’élite liberale (Peterson ritiene di farne parte, ma ho qualche dubbio) ha subito condiviso le illazioni di Hill, invece di controllare:
Hill’s post appeared on 7 Sep. In the following days, the story was featured in a blog post at Reason magazine by law professor David Bernstein (“A Mathematics Paper Two Math Journals Were Mau-Maued into Suppressing”), tweets by psychology professors Jordan Peterson (“Here’s the offending paper. Please read and distribute as widely as possible”) and Steven Pinker (“Again the academic left loses its mind: Ties equality to sameness, erodes credibility of academia, & vindicates right-wing paranoia”), and various other places on the web, including lots of material too horrible to quote (you can google and look for it yourself if you’re interested).
Risultato:
The most unfortunate part of the story is the amplification of Hill’s post throughout Twitter, Quillette, 4chan, etc., abetted by thought leaders on Twitter, leading to noxious hatred spewed at Amie Wilkinson. I don’t blame Jordan Peterson, Steven Pinker, or the editors of Quillette for the behavior of Twitter commenters, or even for the behavior of commenters at Quillette.
But now that more of the story is out, it’s time for all these people to explain what happened to their followers, and to apologize.
Dubito che lo facciano, comunque alla storia manca ancora un pezzo. Da mesi, il comitato editoriale del NY Journal of Mathematics chiede a Igor Rivin le peer-review senza ottenerle…
Sebbene Hill scriva il contrario, ci sono un sacco di ricerche sulle variabilità inter-sex. Da quelle che ho letto:
- la variabilità maggiore è intra-sex; c’è sia negli uomini che nelle donne per un sacco di tratti, dai peli sulle gambe al talento musicale. Nell’insieme, non sembrano esserci più donne che uomini nelle code lunghe della distribuzione una volta scontati gli effetti dell’ambiente: educazione, accesso alle risorse, vincoli sociali e culturali ecc.
- esiste una spiegazione genetica/ormonale per quanto riguarda la maggior incidenza nei maschi di alcune psico/neuropatologie, per es. le sindromi che compongono lo “spettro” dell’autismo. Con due X, eventuali alleli “difettosi” su un cromosoma sarebbero compensati da quelli “normali” sull’altro;
- nelle specie dove le femmine sono eterozigote (i.e. con un cromosoma X e un Y, negli uccelli si chiamano Z e W, poi certi pesci nascono maschi e crescono femmine, certe topoline sono transgender…) hanno una maggiore variabilità di tratti come altezza, peso, robustezza, cura dei piccoli… e perfino il self-control: le moscerine della frutta si ubriacano meno dei moscerini. Ma non si osservano le stesse differenze in tutti gli ambienti.
Be’, torno a leggere Science di oggi…
O.T.
Per ora niente antropocene:
https://blogs.egu.eu/geolog/2018/09/14/living-in-a-new-age/
Grazie, Stefano C., dev’esser stata una bella rissa:
After considerable debate, however, the ICS has decided that the Holocene should be further subdivided; now, the period from 11,650 and 8,200 years before present is the Greenlandian; the Northgrippian stretches from 8,200 to 4,200 years before present, and the Meghalayan defines the time between then and the present. Why did the Holocene need to be divided up as such? If it wasn’t broken, why fix it?
“[…] tweets by psychology professors Jordan Peterson”
Se il Lobster’s Daddy canadese approva una pubblicazione scientifica allora è assodato che sia una cavolata colossale. Se poi ci si mette anche Pinker, ogni dubbio svanisce come neve al sole.
Mi spiace per i fan di S. Pinker, ma oramai lo abbiamo perso; è diventato un’attivista MRA che non disdegna nemmeno di strizzare l’occhiolino ai neo-fasci di tanto in tanto. Pazienza, sigh.
Ero una fan, Mauro, secondo me il capitolo delle parolacce nel Language Instinct è un capolavoro, anche se tutta la tesi del libro è sbagliata.
ocasapiens, in molte pubblicazioni di Pinker ci sono diversi spunti interessanti che hanno molto senso anche se le premesse e le conclusioni dei libri sono sbagliate; quantomeno è sicuramente più credibile di Peterson sotto molti aspetti. Ciò che non riesco a comprendere è cosa ci guadagni nell’abbracciare le teorie degli alt-right. E’ chiaro che Peterson si è auto-proclamato imperatore supremo dei gonzi alt-right e gli spreme per bene il portafogli (guadagna di più con le donazioni mensili da Patreon che con il salario annuale da professore), ma Pinker fin ora non gli ha fruttato un singolo centesimo e ci ha solo rimesso in credibilità. Bo, vallo a capire…