Rassegna stampa pretestuosa

Questo O’s digest di Nature, Science et al. serve a rinviare l’analisi ochesca dell’analisi onestadi cui il “grande analista” si vantava l’altro giorno in questi termini

  • Comunque mi ha fatto molto piacere il lusinghiero retweet di ClimateKIC [in realtà, il suo “ramo italiano“] al mio ultimo articolo [in realtà un post su un blog del Sole], in cui parlo proprio dei meccanismi di composizione dei W[orking] G[roups dell’IPCC]. Dimostra che la lotta al cambiamento climatico non è solamente appannaggio dei fanatici [questi].

I tweet lusinghieri non sono bastati e attende trepidante che qualcuno di noi ammiri la sua prosa. Purtroppo Stefano Caserini è all’assemblea dell’AGU a San Diego e perfino quelli di noi che conoscevano Mauro Pomatti solo per l’aiuto che ci dava così gentilmente, si sentono un po’ in lutto. Non voglio deludere il “grande analista”, è solo che oggi non ho tanta voglia di ridere.

Da Nature
 David Cyranoski aggiorna sulle polemiche attorno ai dati cinesi sulla Covid-19. L’ultima è che non includono i casi asintomatici, l’epidemia potrebbe essere più diffusa e meno letale di quanto sembra. D’altronde trovare persone sane ma con il virus è un’impresa, e sembra più urgente usare il personale e i kit disponibili per diagnosticare correttamente i pazienti sintomatici.
 Jeff Tollefson ha parlato con i ricercatori che, in Antartide, stanno studiando il benedetto Thwaites. Dovrebbe “fare da tappo” e fermare la discesa dei ghiacciai retrostanti ma è scaldato dal mare sottostante:

  • Thwaites’s underbelly is a landscape unto itself, complete with channels, ridges and cliffs, all crafted by warm currents

dice Erin Pettit, la glaciologa che co-dirige il progetto da $50 milioni per valutare la stabilità del ghiacciaio, grande come la Gran Bretagna. Per di più, di fianco ha il Pine Island che perde i pezzi e tremola come un molare guasto.
– Nei paper, Benjamin Hmiel et al. hanno misurato anno per anno il metano racchiuso in carote di ghiaccio risalente fino a 200 anni fa. Fino al 1870, veniva da fonti biologiche: nell’HC4 c’era solo carbonio-14. Poi sono arrivate le emissioni industriali con carbonio-13 sempre più abbondante rispetto all’altro isotopo. Il biometano risulta così circa 10 volte inferiore a quello stimato e le emissioni industriali (con carbonio-13) sono sottostimate di un 25-40%. (rif. sotto, il paper di Science)
Per certi versi è una buona notizia: volendo, invece di buttarne via migliaia di tonnellate in atmosfera durante l’estrazione di petrolio o gas, si può già catturarlo e perfino venderlo… Limitare quello delle risaie o degli allevamenti sarà meno facile – e meno indispensabile.

A proposito di cibo. Vent’anni dopo le raccomandazioni di Ilaria Capua et al., il Comitato centrale del PCC potrebbe vietare – e non solo sospendere come ora – il traffico di animali selvatici “alimentari” come serpenti e pipistrelli, ma non quelli da pelliccia o da medicina tradizionale, scrive Srmiti Mallapaty.

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Da Science
– Lo stesso gruppo coordinato da Vasilii Petrenko all’università di Rochester, ma con più collaboratori esterni, ha fatto la stessa cosa con carote di ghiaccio antartico risalenti da 8 a 15 mila anni fa. Il metano proveniva da fonti bio – paludi, incendi della vegetazione ecc. – durante la deglaciazione del permafrost e dei clatrati, e si ossidava quasi tutto in CO2 (se non ricordo male, circa il 10%/anno di quello “fresco” si ossida in atmosfera). Di nuovo, nelle carote ce n’era molto meno del previsto e l’aumento era molto graduale – come quello delle temperature d’altronde. E’ una buona notizia a metà.
Vuol dire che i batteri metanovori ne consumano tanto, prima che esca dal permafrost, però ruttano CO2  – agg. 22/02 che viene consumata da microbi e flora circostante. Ma il metano non ci dà una mano? No: le centrali a metano emettono 0,4-6 kg di CO2 per kilowatt/ora. Sì: quelle a carbone ne emettono il doppio.
Commento di Joshua Dean.

 Gretchen Vogel racconta la storia di Jeff Leach, un microbiomologo intestinale umano, famoso per imprese non proprio scientifiche, accusato di molestie sessuali. Se seguite Leonid Schneider su Twitter, sapete di scandali peggiori, sempre coperti dalle università.
 Ann Gibbons raccoglie pareri sul modello genetico di Alan Rogers et al. uscito su Science Advances, secondo il quale 600 mila anni fa circa gli antenati dei Neanderthal e dei Denisovani si sarebbero incrociati con un ramo “super-arcaico” degli ominini che si sarebbe separato dal tronco comune  circa due milioni di anni fa, forse Homo erectus. Hmm…
(Rogers è dell’università dello Utah, il che mi ha ricordato che all’unanimità il Senato dello Utah ha appena decriminalizzato la poligamia.)

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Altre “amplificazioni polari”
Per il “grande analista” e altri che “le foreste ci salveranno della crisi climatica”, su Nature Climate Change Xiyan Xu et al. provano a stimare l’effetto della primavera anticipata dal riscaldamento globale. Nelle foreste boreali, le foglie spuntano 12 giorni prima nell’arcipelago artico canadese, a est e ovest della Siberia, e nel sud-est dell’altipiano tibetano, aumentando la temperatura da 0,6 °C in Canada a 0,3 °C in Tibet.
(E’ normale che in Tibet l’effetto sia minore. Con la maggior concentrazione atmosferica di gas serra le temperature notturne o nei mesi bui come nell’Artico, aumentano più di quelle diurne). Nel loro modello, la differenza è dovuta più al vapore acqueo che si intensifica verso il polo che al calo dell’albedo o al calore latente delle foreste.
Morale:

  • Mentre il riscaldamento prosegue, le retroazioni positive tra il clima e la fenologia delle foglie lo amplificheranno probabilmente alle alte latitudini nord.

Poi ci sarebbe la questione degli incendi che aumentano dalle alte latitudini nord alle alte latitudini sud.

Da un decennio c’è dibattito. L’amplificazione polare rende la circolazione atmosferica (il jet stream) più ondosa alle medie latitudini nord. O no? O mancano i dati? O quelli iniziali erano troppo pochi e inaffidabili? Su Science Advances, Blackport & Screen continuano a dire di no, il jet stream non ondeggia più di prima, questa volta con dati fino al 2014.
Dubito che Francis & Vavrus cambino idea.

Per quelli che “basta fertilizzare gli oceani con limaglia di ferro e il fitoplancton ci libererà della CO2”, pare che collettivamente, quella verdura sia co-evoluta per limitare il fertilizzante alla dose tollerabile. E’ un modello di Jonathan Lauderdale et al. del MIT, quindi in attesa di conferme – comunicato stampa con tutti i condizionali giusti.

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Per i fan di Nicola Scafetta, “Dikran Marsupial” ha aggiornato alla fine del 2019 il confronto tra la temperatura osservata e le previsioni del suo modello del 2011. Abstract: ancora niente raffreddamento globale.

Stephan Rahmstorf ha aggiornato il grafico nel quale faceva un confronto analogo con le previsioni fatte nel 2010 dal globalcoolista Fritz Vahrenholt, basate sul calo dell’attività solare (in tedesco, traduzione automatica in inglese decente). Abstract: idem.

Circa un quarto dei tweet che negano l’effetto serra dei gas serra sono generati da bot, scrive Oliver Millman sul Guardian.

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